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Visualizzazione post con etichetta Piccolo Atlante di Anatomia degli Gnathostomi. Mostra tutti i post
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Piccolo Atlante di Anatomia di Gnathostomata: i nervi cranici

Dopo un’assenza forzata di due settimane (scusate ma ho avuto degli impegni che mi hanno costretto a mettere il blog in secondo piano) riprende la nostra rubrica del Piccolo Atlante di Anatomia di Gnathostomata.
Oggi andremo ad analizzare una parte anatomica di cui si sente parlare poco nel mondo paleontologico, ma che in alcuni casi può risultare importante nello studio dell’evoluzione e delle relazioni filogenetiche di alcuni gruppi, come ad esempio gli stem gnatostomi.
Il post di oggi è dedicato ai nervi cranici, una parte del sistema nervoso periferico strettamente legata al cervello e alla trasmissione degli stimoli verso le varie parti del corpo, così come la ricezione di messaggi da parte di quest’ultimo. 

Per prima cosa, è bene capire come è possibile studiare i nervi cranici in animali estinti.
Essi infatti, essendo tessuti molli, sono molto sensibili al processo di decomposizione e la loro preservazione allo stato fossile e al limite dell'imposibile. 
Tuttavia, durante il loro corso essi passano attraverso le ossa del cranio lasciando dei canali nelle ossa e/o uscendo da esso lasciando delle cavità (foramina).
Grazie a questo, avendo a disposizione dei crani conservati in tre dimensioni con ottime condizioni di fossilizzazione e utilizzando le tecniche che abbiamo visto nel post dedicato allo studio paleoneurologico, oggi è possibile analizzare la posizione e il passaggio dei nervi all’interno del neurocranio di diversi vertebrati fossili, stem gnatostomi compresi.
Esistono poi della area del cranio, come la cavità oculare e otica, che possono essere usate come guida per individuare alcuni nervi cranici.
Ad esempio, il nervo ottico (II), oculomotore (III) e trocleare (IV) passano attraverso l’orbita lasciando delle cavità. Nell’orecchio, il nervo acustico (VIII) entra nella cavità del labirinto, con i nervi trigemino (V), adbucente (VI) e facciale (VII) che passano davanti ad esso, e i nervi glossofaringeo (IX) e vago (X) passano sotto o dietro ad esso. Individuando quindi nel fossile queste aree del neurocranio, se esso ben conservato, è possibile riuscire a ricavare la posizione (e se si è molto fortunati il loro corso) di vari nervi cranici.

Regione optica del neurocranio di Cobelodus con in evidenza alcuni dei nervi cranici associati all'orbita (Modificata da Maisey 2007)

Bisogna però fare attenzione: lo studio dei nervi cranici nei vari gruppi di animali può essere preso come esempio di come a volte non è possibile utilizzare l’anatomia comparata in maniera indiscriminata per ricostruire l’anatomia interna degli animali del passato.
Se infatti, come abbiamo visto in precedenza, il cervello mantiene una sua morfologia più o meno costante, con le cinque divisioni sempre nello stesso ordine, in tutti i vertebrati, dalle missine all’uomo, i nervi cranici invece differiscono in posizione e numero a seconda dei vari gruppi.
Una prima importante distinzione risiede nel numero di nervi cranici: gli amnioti, uomo compreso, ne presentano ben tredici, mentre tutti i vertebrati non tetrapodi e gli anfibi ne possiedono undici.
Negli amnioti infatti sono presi due paia di nervi addizionali, il nervo IX (nervo accessorio) e il nervo XII (nervo ipoglosso), originati dai primi due paia di nervi spinali.
Mi è capitato recentemente di parlare di nervi cranici con un medico e non riuscire bene a comprenderci date le notevoli differenze tra il sistema nervoso delle lamprede e quello dell’uomo.
Altre importanti differenze risiedono nel percorso di alcuni nervi cranici, ad esempio se un particolare nervo esce nella parte anteriore o posteriore dell’orbita. Queste differenze, seppur possano sembrare marginali, a volte sono fondamentali dal punto di vista anatomico e filogenetico.
In questo post ci concentreremo sui nervi cranici dei vertebrati non amnioti e vedremo alcuni esempi di come possiamo utilizzare i dati forniti dal loro studio per affinare le nostre conoscienze delle prime fasi dell'evoluzione dei vertebrati.

Piccolo Atlante di Anatomia Gnathostomata: il cervello dei vertebrati, panoramica ed evoluzione

Il cervello è una delle strutture più complesse e affascinanti dell’anatomia degli animali. Da esso dipendono la maggior parte delle azioni svolte sia per quanto riguarda i meccanismi fisiologici che il comportamento.
L’anatomia del cervello e del sistema nervoso dei vertebrati viventi è ben conosciuta sia nella sua morfologia generale sia nel funzionamento dei diversi elementi di questo incredibile sistema.
Tuttavia, nonostante la nostra conoscenza sull’anatomia di questa parte del corpo sia in continua crescita, sappiamo ancora poco riguardo la sua evoluzione nella storia dei vertebrati, in particolare quali cambiamenti sono occorsi e quando, e come lo studio del sistema nervoso dei può aiutarci nel ricostruire non solo la storia del cervello ma anche le relazioni filogenetiche tra i vertebrati fossili e viventi.
Questa è l'idea di fondo di questo post, in cui cercherò brevemente di descrivere le varie parti del cervello e a cosa servono, concentrandomi sulle aree su cui è possibile dire qualcosa riguardo quello che sappiamo della loro natura nelle forme fossili.

Nonostante il sistema nervoso dei vertebrati sia frutto dell’unione di diversi elementi, come ad esempio nervi cranici, organi sensoriali, ghiandole, vasi sanguigni, numerosi studi hanno dimostrato come la sua struttura generale sia abbastanza conservativa e cambi abbastanza lentamente, in modo tale che in tutti i vertebrati possiamo distinguere le varie parti con relativa facilità, giacché la loro posizione non cambia in modo radicale (es. Northcutt 2002; Saveliev 2008). Per esempio, le divisioni del cervello, pur con dimensioni diverse, si trovano nella stessa sequenza praticamente in tutti i vertebrati.

Il cervello dei vertebrati è diviso in cinque regioni principali, ognuna specializzata in una o più funzioni diverse. Troviamo, in ordine, il telencefalo, il diencefalo, il mesencefalo, il metencefalo e il mielencefalo.

Visione dorsale del cervello di un condritto. Modificato da Janvier, 1996

Piccolo Atlante di Anatomia Gnathostomata: il neurocranio, origine e caratteristiche generali

Cominciamo ad addentrarci un po’ di più nell’anatomia scheletrica degli gnatostomi.
La maggior parte dei prossimi post saranno dedicati all’anatomia craniale, in particola del neurocranio e del sistema nervoso centrale.
Questo perché, nonostante gli gnatostomi, sia fossili sia viventi, siano piuttosto differenti per quanto riguarda la morfologia esterna, tutti possiedono un neurocranio con alcune caratteristiche simili, date dal fatto che questa parte dello scheletro interno è abbastanza conservativa, o comunque presenta delle aree specifiche che si trovano di solito nella stessa posizione e dunque possono essere facilmente comparate.
Recentemente sono stati pubblicati numerosi studi riguardanti l’anatomia craniale degli stem gnatostomi (es. Maisey 2007; Brazeau, 2009; Pradel, 2010; Gai et al., 2011; Davis et al. 2012; Dupret et al., 2014), grazie anche all’utilizzo di tecniche “nuove” come tomografie computerizzate, modelli 3d e programmi di grafica, che hanno fornito informazioni importantissime riguardanti le caratteristiche dell’anatomia interna degli gnatostomi fossili, caratteristiche che possono essere utilizzate per inferire non solo la morfologia dei taxa ma anche le relazioni tra essi.
Nei prossimi post dunque vedremo cos’è il neurocranio, come si forma, da che parti è composto e come e cosa cambia nei vari gruppi di vertebrati. In particolare, cercheremo di cogliere similitudini e differenze in modo da poter proporre ipotesi sulla condizione primitiva degli gnatostomi e sull’evoluzione della loro anatomia interna.

Posizione del neurocranio all'interno della testa di un tonno.

Piccolo Atlante di Anatomia Gnathostomata: Endoscheletro e Esoscheletro.

I vertebrati sono solitamente presentati come gli animali che possiedono uno scheletro interno, cartilagineo o di vero tessuto osseo.
Ciò è vero, poiché tutti i vertebrati, ciclostomi inclusi, possiedono del materiale più o meno rigido all’interno del corpo, con funzione di sostegno. Tuttavia questa è una caratteristica dei cordati e non solo dei vertebrati, perché anche l’anfiosso possiede una sorta di scheletro cartilagineo interno con funzione di sostegno, la notocorda.
Ciò che distingue invece i vertebrati dagli altri animali dotati di un sostegno interno è il possesso del cranio, di tessuto mineralizzato a protezione del cervello e degli organi di senso della regione cefalica.

Apparato scheletrico di missine (alto), lamprede (centro) e condritti (basso). In blu il tessuto cartilagineo, in verde la notocorda, in giallo il tipico tessuto fibroso che avvolge il cervello e la notocorda, tipico delle missine
E’ vero, se escludiamo le missine, gli altri vertebrati hanno uno scheletro con vertebre ben definite e una rigidità maggiore rispetto a quella dell’anfiosso, ma siccome le missine si sono dimostrate vertebrate a tutti gli effetti (vedi qui), ritengo sia giusto porre maggiormente l’attenzione sul cranio, che poi è la vera caratteristica che fa la differenza nello sviluppo dei vertebrati.
Lo scheletro (cranio + serie dorsale + cinti + scheletro appendicolare) è la parte più importante dei vertebrati per chi studi quelli fossili, visto che nella maggioranza dei casi è la sola cosa che rimane nel processo di fossilizzazione.
Siccome lo scopo di questa serie è aiutarci a capire come possiamo studiare l’evoluzione dei vertebrati e degli gnatostomi attraverso lo studio dei fossili, riconoscere le varie parti dello scheletro è a dir poco fondamentale.
Oggi però non voglio parlare delle singole parti che compongono lo scheletro, ma del materiale che rende questa struttura anatomica così particolare.

Piccolo Atlante di Anatomia di Gnathostomata: Cyclostomata vs Gnathostomata

Cos'è uno gnatostomo? Cosa non lo è? Come si distingue uno gnatostomo da un non gnatostomo?
Questa è, ovviamente, la domanda da cui partire per affrontare il nostro viaggio nelle profondità dell'anatomia e della storia evolutiva degli gnatostomi.
La risposta è complessissima, perché tra gli gnatostomi attuali e i loro parenti viventi più prossimi, i ciclostomi, c'è tutta una serie di forme, come abbiamo visto qui, di cui ancora non conosciamo a pieno posizione filogenetica, ecologia, morfologia, etc.
Dunque, dire qual è la condizione primitiva del primo gnatostomo rispetto ai ciclostomi, ossia nel punto di divergenza, è pressoché impossibile. Ma ci proveremo, analizzando il record fossile.

Per prima cosa però, proviamo ad analizzare i vertebrati attuali e vediamo cosa distingue gli gnatostomi di oggi (condritti e osteitti, compresi di tetrapodi) dai ciclostomi.

La prima evidente caratteristica è la presenza, negli gnatostomi, di un apparato buccale formato da mascelle e mandibole, che funzionano come una forbice sul piano verticale. I ciclostomi possiedono una bocca circolare senza alcuna divisione tra mascelle e mandibole. Dunque, tutti gli gnatostomi attuali possiedono una bocca. Essa può essere ridotta, modificata, ma mai assente. Possono essere assenti invece i denti, la cui conformazione è spesso diversissima a secondo del ruolo dell'animale all'interno della catena alimentare.

Differenze nella bocca e nel naso tra ciclostomi e gnatostomi. en=narici esterne. mo= bocca uj=mascelle superiori lj=mandibola
Altra caratteristica, magari meno evidente, è la presenza di sacche nasali pari.

Piccolo Atlante di Anatomia di Gnathostomata: Introduzione

Come parte integrante del mio nuovo progetto di dottorato, sto approfondendo alcuni aspetti dell'anatomia (soprattutto craniale) dei vertebrati fossili, con lo scopo di indagare alcune questioni che riguardano la filogenesi e l'evoluzione di alcuni gruppi, in particolare stem gnathostomi paleozoici.

Nello studio dell'evoluzione delle strutture anatomiche di un gruppo di essere viventi, è molto importante conoscere non solo i dettagli, ma anche l'aspetto generale, il contesto ecologico e filogenetico, il confronto con le caratteristiche degli altri gruppi.
Perciò, ho pensato può essere utile utilizzare il blog per parlare un pò di quello che sto facendo, in modo che serva sia a me come modo per riepilogare e allenarmi con la scrittura, sia a qualche lettore appassionato di paleontologia e anatomia comparata, come spazio di approfondimento.

Ho deciso quindi di iniziare una nuova serie di post che tratteranno dell'anatomia, prima generica poi eventualmente più specifica, dell'anatomia degli gnathostomi, viventi e fossili.
L'ho voluto chiamare Piccolo Atlante di Antomia di Gnathostomata (PAAG) perchè vorrei che alla fine ne risultasse una sorta di piccolo vademecum di alcuni (principalmente scheletrici) aspetti della morfologia dei vertebrati.
Non tutti i vertebrati, ovviamente, non finirei più, ma in particolare degli gnathostomi non tetrapodi, principalmente fossili.

Ma in questo primo post, non voglio parlare della loro anatomia, bensì del perchè è importante studiarli.