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Adattamenti estremi nelle bocche delle tartarughe marine: due storie dal Cretaceo del Marocco (Terza Parte).

Bentornati alla terza e ultima puntata di questa serie dedicata agli adattamenti estermi nelle bocche delle tartarughe marine.

Prima di iniziare a leggere, vi ricordo che questa serie sulle tartarughe è fatta in collaborazione con Davide Gioia. Potete conoscere l'autore, nonchè la prima parte della storia, in questo post.

Nella prima puntata abbiamo introdotto i protagonisti della nostra storia, Ocepechelon e Alienochelys, due tartarughe marine di grandi dimensioni, coeve, vissute nello stesso luogo e strettamente imparentate, ma che presentano morfologie della bocca radicalmente opposte.
Nella seconda puntata, abbiamo visto in dettaglio Ocepechelon e la sua bocca adatta per l'alimentazione a suzione.

In quest'ultima puntata invece ci concentriamo sull'altra protagonista della nostra storia, Alienochelys.

Proprio come nel caso di Ocepechelon, a contraddistinguere Alienochelys dalle altre tartarughe "normali" è l'apparato boccale. La conformazione dell'apparato boccale di Alienochelys è talmente unica tra le tartarughe marine (Chelonioidea)da indurre i suoi scopritore a chiamare questa tartaruga il "chelone alieno" (alieno inteso come strano, nel senso latino del termine). Alienochelis presenta infatti un muso corto e squadrato, con larghe placche mascellari semicircolari dotate di robuste superfici trituranti. Secondo de Lapparent de Broin (2014), che ne descrisse per prima i resti, questa morfologia era adatta a frantumare il guscio degli invertebrati di cui questo animale si nutriva.



Foto (sinistra) e disegno interpretativo (destra) dell'olotipo di Alienochelys, in visione dorsale (A), ventrale (B), laterale (C) e frontale (D).  Immagine modificata da de Lapparent de Broin (2014).




La conformazione della bocca di Alienochelys è però diversa da quella dei suoi parenti durofagi. Infatti, di solito nelle tartarughe marine durofaghe l'ispessimento delle superfici trituranti è seguito dallo sviluppo di un secondo palato, permettendo una prolungata conduzione di aria tra le narici esterne e le coane, ma Alienochelys manca di questa struttura. 

Benchè anch'essa durofaga, la tartaruga marina comune (Caretta caretta) presenta una conformazione delle mascelle molto diversa da quella di Alienochelys, con superifici triturante del "becco" ispessite e molto robuste, nonchè presenza di palato secondario. Foto da wildlifesense.com

Tuttavia, le superfici mascellari di Alienochelys, benché strutturalmente diverse, ricordano invece la morfologia della bocca di un altro gruppo di tartarughe durofaghe, i bothremydidi. Questo gruppo di tartarughe, molto diffuse tra il Maastrichtiano (ultimo periodo del Cretaceo) e il Paleogene e oggi estinte, pur non avendo nulla a che fare con Alienochelys dal punto di vista sistematico, presenta anch'esso una bocca con palato secondario assente, nonchè alcune specie adattate alla vita acquatica. Il confronto fra Alienochelys e i bothremydidi marini supporta una specializazione durofaga per Alienochelys

Come Alienochelys, anche i membri di Bothremydidae mostrano assenza di palato secondario nonchè adattamenti ad uno stile di vita da durofago acquatico. Imagine da research.anmh.org

Un'ipotesi alternativa è stata proposta da Foth et al. nel 2017, che hanno proposto una dieta erbivora per Alienochelys. Questa ipotesi è basato sulla correlazione tra i risultati delle analisi geomorfometriche della forma del cranio di vari membri sia viventi che estinti di Testudinata con l'analisi dei loro ambienti di vita e abitudini alimentari. Tuttavia questi risultati presentano alcuni problemi, poiché questo metodo si è rivelato problematico poichè in molti casi le risultanti previsioni sugli ambienti di vita e stili alimentari di varie tartarughe estinte erano in contrasto con dati sedimentologici dei luoghi di ritrovamento.  Inoltre, le tartarughe mostrano grande diversità ecologica a dispetto di un conservatismo morfologico generale, cosa che rende difficile risalire all'ecologia da soli dati morfologici. Uno stile di alimentazione durofago rimane dunque l'ipotesi più probabile per Alienochelys

Nonostante siano vissute nello stesso luogo, nello stesso periodo e siano anche strettamente imparentate, Ocephechelon e Alienochelys mostrano due adattamente ecologici e alimentari diversi dati da modificate estreme della bocca, a parità di un anatomia del resto del corpo relativamente simile. Questo è un'esempio della grande plasiticità di alcune parti del corpo rispetto ad altre. Immagini di Liam Elward
Con la loro peculiare morfologia, Ocepechelon e Alienochelys probabilmente occupavano nicchie ecologiche diversa rispetto ad altri rettili marini coevi, evitando quindi la competizione esplorando nicchie ecologiche vacanti nel loro ambiente. Il fatto che negli stessi strati di roccia siano state ritrovate due tartarughe come Ocepechelon e Alienochelys, così "parallelamente opposte" nella loro bizzarria, ci dimostra quanto fossero diversificate e adattabili le tartarughe durante il Maastrichtiano, e di quanto il body plan delle tartarughe, generalmente considerato conservativo, possa invece dare origine a una moltitudine di forme diverse e inaspettate. Cioè è legato al concetto di plasticità modulare, per cui alcune parte del corpo riescono a cambiare anche in maniera piuttosto estrema indipendentemente dalle altre parti anatomiche.

In questo caso, Ocepechelon e Alienochelys mostrano come le tartarughe necessitino di relativamente pochi cambiamenti del cranio per passare da una nicchia ecologica all'altra, rendendo difficile predire le abitudini di vita di quelle estinte sulla base di soli dati morfologici.

Con questo ultimo post si conclude il nostro breve viaggio tra le tartarughe marine. 
A presto!

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Bibliografia:

- de Lapparent de Broin, F. et al. 2014. A strange new chelonioid turtle from the Latest Cretaceous Phosphates of Morocco. Comptes Rendus Palevol, 13(2), 87-95.

- Foth, C., Rabi, M. and Joyce, W.G. 2017. Skull shape variation in extant and extinct Testudinata and its relation to habitat and feeding ecology. Acta Zoologica (Stockholm) 98: 310– 325.

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