Cominciamo ad addentrarci
un po’ di più nell’anatomia scheletrica degli gnatostomi.
La maggior parte dei
prossimi post saranno dedicati all’anatomia craniale, in particola del
neurocranio e del sistema nervoso centrale.
Questo perché, nonostante
gli gnatostomi, sia fossili sia viventi, siano piuttosto differenti per quanto
riguarda la morfologia esterna, tutti possiedono un neurocranio con alcune
caratteristiche simili, date dal fatto che questa parte dello scheletro interno
è abbastanza conservativa, o comunque presenta delle aree specifiche che si
trovano di solito nella stessa posizione e dunque possono essere facilmente
comparate.
Recentemente sono stati
pubblicati numerosi studi riguardanti l’anatomia craniale degli stem gnatostomi
(es. Maisey 2007; Brazeau, 2009; Pradel, 2010; Gai et al., 2011; Davis et al.
2012; Dupret et al., 2014), grazie anche all’utilizzo di tecniche “nuove” come
tomografie computerizzate, modelli 3d e programmi di grafica, che hanno fornito
informazioni importantissime riguardanti le caratteristiche dell’anatomia
interna degli gnatostomi fossili, caratteristiche che possono essere utilizzate
per inferire non solo la morfologia dei taxa ma anche le relazioni tra essi.
Nei prossimi post dunque
vedremo cos’è il neurocranio, come si forma, da che parti è composto e come e
cosa cambia nei vari gruppi di vertebrati. In particolare, cercheremo di
cogliere similitudini e differenze in modo da poter proporre ipotesi sulla condizione
primitiva degli gnatostomi e sull’evoluzione della loro anatomia interna.
Il cranio, per quanto
riguarda la sua parte endoscheletrica, è composto da neurocranio, mascelle,
arco ioideo e archi branchiali. Il neurocranio è la parte che contiene il
cervello, gli organi di senso, i nervi cranici e i principali vasi sanguigni
che alimentano questi organi. La sua funzione è di proteggere questi delicati
organi, fondamentali per la vita dell’organismo e per le sue interazioni con il
mondo esterno.
Sebbene sia il risultato dell’unione di diverse unità, come abbiamo appena visto, non è facile distinguere i singoli elementi in un neurocranio di un individuo adulto, poiché di solito questi sono fusi assieme in un unico blocco, senza suture.
Identificare le varie regioni del neurocranio è fondamentale per poter poi operare confronti tra i vari taxa, soprattutto quelli fossili, dove non possiamo vedere i tessuti molli, come il cervello o i nervi, ma solo le tracce lasciati da essi, canali, fori, cicatrici.
Sebbene con qualche piccola differenza, la
formazione e lo sviluppo dell’endocranio seguono le stesse fase durante lo
sviluppo embrionale di tutti i vertebrati.
Il primo passo è la
formazione di due paia di “barre” cartilaginee nella parte cefalica
dell’embrione: le paracordali, situate una per
lato nella parte anteriore della notocorda, e le trabecole, situate in
fronte alle paracordali.
Nello stesso tempo, nella zona in cui poi verranno a
formarsi gli organi di senso, si originano tre paia di capsule cartilaginee,
rispettivamente le capsule olfattive, le capsule ottiche e le capsule otiche.
In seguito le paracordali e
le trabecole aumentano di dimensioni e si fondono insieme, compattandosi e
andando a formare la base del neurocranio. Man mano che l’embrione si sviluppa,
le capsule olfattive si fondono alle trabecole e le capsule otiche alle
paracordali, andando poi ad incrementare di dimensioni sino a racchiudere il
cervello e formare così una scatola cranica completa. Le capsule ottiche
rimangono libere in modo da poter permettere il movimento e la rotazione
dell’organo visivo, gli occhi.
Gli elementi che compongono il neurocranio nelle prime fasi della sua formazione |
Sebbene sia il risultato dell’unione di diverse unità, come abbiamo appena visto, non è facile distinguere i singoli elementi in un neurocranio di un individuo adulto, poiché di solito questi sono fusi assieme in un unico blocco, senza suture.
Nonostante
ciò, è possibile dividere il neurocranio in diverse regioni grazie all’aiuto di
alcuni punti chiave, come la posizione delle orbite o delle capsule nasali. Questo
è possibile perché di solito la morfologia generale e la posizione di questi
elementi non cambia all’interno dei vari gruppi di gnatostomi. Inoltre, ognuna
delle principali regioni del neurocranio è associata ad una speciale funzione
sensoriale, e questo si traduce nel fatto che, ad esempio, si riesce ad
individuare la regione deputata alla percezione dei segnali visivi perché si
trovano non solo le orbite, ma anche i muscoli e i nervi legati agli occhi, al
loro movimento e alla comunicazione tra questi e il cervello.
Dunque,
dalla parte anteriore alla parte posteriore, possiamo dividere il neurocranio
in almeno 4 regioni.
La regione etmoidale, la più rostrale, è
associata alla ricezione degli stimoli chimici e in essa vi sono dunque le
capsule olfattive e tutti i nervi collegati a esse, essenzialmente il nervo
terminale (0) e il nervo olfattivo (I). (Ci occuperemo dei nervi cranici in
dettaglio più avanti).
La regione
successiva è la regione sfenoidale, in cui si trovano le capsule ottiche. Qui
dunque vengono ricevuti gli stimoli visivi, che vengono poi inviati al cervello
tramite il nervo ottico (II). L’occhio dei vertebrati è una struttura molto
complessa, formata da una serie di muscoli che avvolgono l’occhio e servono a
muoverlo. Questi muscoli sono innervati da una serie di terminazioni nervose
che ricevono i segnali dal cervello e muovono, ruotano, inclinano l’occhio
secondo le necessità del momento.
Questa
parte del neurocranio è piuttosto complessa ma anche molto significativa dal
punto di vista paleontologico, poiché spesso si riescono a riconoscere i nervi
e i muscoli che qui lasciano il segno della loro esistenza tramite canali e
fori all’interno del neurocranio.
Dietro la
regione sfenoidale troviamo la regione otica, associata alla capsule olfattive,
dunque alla ricezione del suono e a funzioni di equilibrio. Quest’area è spesso
associata con quella successiva, la regione occipitale. Questa è la zona in cui
si trova il cervelletto e da cui partono i principali nervi che collegano il
cervello al corpo. La regione occipitale termina con il foramen magnum, un foro
che corrisponde all’attaccatura tra cranio e scheletro assiale (e/o alla
notocorda, a seconda dei gruppi).
Regioni del neurocranio |
Identificare le varie regioni del neurocranio è fondamentale per poter poi operare confronti tra i vari taxa, soprattutto quelli fossili, dove non possiamo vedere i tessuti molli, come il cervello o i nervi, ma solo le tracce lasciati da essi, canali, fori, cicatrici.
Ciò è però
possibile solo se il neurocranio è formato da materiale abbastanza solido da
poter preservare.
Negli
gnatostomi moderni, esso è solitamente un singolo, grosso blocco di cartilagine
o di tessuto osseo, ma quando andiamo a guardare il record fossile, non siamo
altrettanto fortunati, poiché un neurocranio mineralizzato compare solo in
certi gruppi di stem gnatostomi.
Un endoscheletro craniale
mineralizzato è stato descritto fin’ora solo per galeaspidi, osteostraci,
placodermi, acanthodi, osteitti e condritti, e ciò significa che della
morfologia craniale di molti gruppi di stem gnatostomi, come gli arandaspidi, i
telodonti o gli heterostraci, sappiamo poco o nulla.
Tuttavia, ciò che possiamo
ricavare dallo studio degli stem gnatostomi di cui disponiamo informazioni sul
neurocranio può darci informazioni utili sulla sua evoluzione e sui cambiamenti
occorsi a cervello, nervi cranici e percezioni sensoriali durante l’evoluzione
dei vertebrati. Di questo ci occuperemo da qui in avanti.
----------------------------------------------------------------------------------------------
Bibliography:
- Brazeau M. (2009)
The braincase and jaws of a Devonian ‘acanthodian’ and modern gnathostome origins.
Nature 457: 305–308
The braincase and jaws of a Devonian ‘acanthodian’ and modern gnathostome origins.
Nature 457: 305–308
- Davis S.P. et al. (2012)
Acanthodes and shark-like conditions in the last common ancestor of modern gnathostomes.
Nature 486: 247–250
Acanthodes and shark-like conditions in the last common ancestor of modern gnathostomes.
Nature 486: 247–250
- Dupret V. et al. (2014)
A primitive placoderm sheds light on the origin of the jawed vertebrate face.
Nature, DOI: 10.1038/nature12980
A primitive placoderm sheds light on the origin of the jawed vertebrate face.
Nature, DOI: 10.1038/nature12980
- Gai Z. et al., (2011)
Fossil jawless fish from China foreshadows early jawed vertebrate anatomy.
Nature 476: 324–327
Fossil jawless fish from China foreshadows early jawed vertebrate anatomy.
Nature 476: 324–327
- Maisey J.G.
(2007)
The braincase in Paleozoic symmoriform and cladoselachian sharks.
Bulletin of the American Museum of Natural History 307: 1-122
The braincase in Paleozoic symmoriform and cladoselachian sharks.
Bulletin of the American Museum of Natural History 307: 1-122
- Pradel A. (2010)
Skull and brain anatomy of Late Carboniferous Sibyrhynchidae (Chondrichthyes, Iniopterygia) from Kansas and Oklahoma (USA).
Geodiversitas 32(4):595-661
Skull and brain anatomy of Late Carboniferous Sibyrhynchidae (Chondrichthyes, Iniopterygia) from Kansas and Oklahoma (USA).
Geodiversitas 32(4):595-661
Nessun commento:
Posta un commento