Translate

Visualizzazione post con etichetta Osteichthyes. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Osteichthyes. Mostra tutti i post

Ozarcus e la morte dei fossili viventi.

Nel blog ho parlato spesso di come la nostra visione dell’evoluzione della vita sulla Terra sia distorta dalla nostra tendenza a considerare troppo le poche cose che oggi vediamo intorno a noi, ossia gli esseri attualmente viventi, e troppo poco le infinite forme di vita che non ci sono più (es. qui). Lo studio dell’evoluzione dovrebbe invece cercare di tirar fuori il massimo dalle informazioni che, per nostra grande fortuna, a volte possiamo ricavare dall’osservazione dei resti degli esseri viventi del passato, attraverso i fossili. Questo perché, ricordiamolo sempre, l’evoluzione è legata a modificazioni che avvengono nel tempo.
Dalla mancanza di dati dal passato e spesso purtroppo anche da una lettura superficiale del presente, derivano alcune concezioni e pregiudizi erronei che come le specie invasive si protraggono velocemente e sono difficili da estirpare(es. qui). Uno di questi  riguarda la natura primitiva degli squali, oggigiorno accreditati come fossili viventi in relazione al loro essere poco cambiati rispetto a quello che dovrebbe essere la condizione primitiva, originaria, dei vertebrati (vedere qui).
A ben vedere, questa concezione è già per sé erronea anche senza scoprire alcun fossile. 
Essendo Chondrichthyes sister-group di Osteichthyes, nessuno dei due può essere più primitivo dell’altro in quanto si originano entrambi dallo stesso nodo. E’ però vero che a volte alcuni taxa (in questo caso, gruppi) possono conservare più caratteristiche presenti nell’antenato comune rispetto ad altri, ma non per questo il gruppo in se è primitivo, poiché ogni taxa ha delle sue caratteristiche specifiche, evolute, derivate, che lo rendono diverso da ogni altro.
Abbiamo visto in passato come la nostra concezione sulla primitività degli squali sia stata notevolmente messa in discussione da record fossile, che ha mostrato come, ad esempio, essi possiedano uno scheletro cartilagineo non perché retaggio della condizione primitiva degli gnathostomi ma come modificazione secondaria e specifica (in pratica essi hanno perso tessuto osseo da un antenato con scheletro osseo). Numerosi fossili hanno evidenziato come, dal punto di vista del materiale che compone lo scheletro, sono i pesci ossei (e anche noi, quindi) ad aver mantenuto la condizione iniziale presente nell’antenato comune di crown Gnathostomata, e non i condritti, che invece ne hanno sviluppata una loro.
Un ulteriore colpo al mito della primitività dei condritti è stato dato pochi giorni fa dalla descrizione di Ozarcus mapesae, un nuovo stem condritto proveniente dal Carbonifero Inferiore dell’Arkansas (U.S.A.), pubblicata su Nature da Alan Pradel e colleghi (2014).  
Gli esemplari noti consistono in quattro resti cranici, in particolare per quanto riguarda il neurocranio e gli archi branchiali. Essi sono stati studiati tramite tomografie computerizzate (CT scan) in modo da ricostruirne in dettaglio l'anatomia interna.

Ozarcus mapesae. Foto dell'olotipo AMNH FF 20544 (alto sinistra), e ricostruzione 3D dopo scansione digitale del fossile (alto destra), del neurocranio con archi (basso sinistra) e dei soli archi branchiali (basso destra). Da Pradel et al., 2014

Occhio alle spine: A tu per tu con gli acanthodi (Parte ultima)

Questo post chiude la serie sugli acanthodi che ho iniziato diversi post fa. Inizialmente abbiamo visto i caratteri anatomici generali degli acanthodi e poi ci siamo addentrati nei diversi gruppi, da Climatiiformes ad Acanthodiformes, passando per Ischnacanthiformes. Di ogni gruppo abbiamo visto le caratteristiche morfologiche principali, l'estensione temporale e geografica, le possibili ipotesi ecologiche.
Ho voluto passare in rassegna i vari gruppi di acanthodi per prepararci meglio a questo post.
Mi è capitato recentemente di partecipare ad un incontro sul tema dell'evolzione, in cui si è parlato molto di amminoacidi, geni, codificazioni, e (ahimè) poco dei fossili e della storia della vita.
E invece i fossili sono importanti, soprattutto se parliamo di evoluzione.
Quando guardiamo un gruppo di organismi, oltre che soffermarci sulle sue caratteristiche anatomiche, è importante inquadrarlo in un contesto evolutivo, giacchè le strutture anatomiche che noi analizziamo sono il frutto di adattamenti, modifiche, retaggi, dipendenti dal fattore tempo.
Senza i fossili non potremmo considerare l'evoluzione morfologica nel tempo, la nostra conoscienza della biodiversità e della "biodiversificazione" sarebbe alquanto limitata.
Dunque, è assolutamente fondamentale integrare la nostra conoscienza della vita del passato.
Senza fossili, non avremmo alcuna idea dell'evolzuione dei caratteri, di come gli animali si sono modificati nel tempo, di come siamo giunti alle forme di oggi dalle forme di ieri.
Tuttavia, per comprendere al meglio l'evoluzione di un gruppo di viventi, è necessario conoscerli in dettaglio. Ed è per questo motivo che ho voluto prima fare tre post "anatomici" e poi concludere con la filogenesi.