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Paleostoria dei Cyclostomi Parte 2: le immutabili lamprede

Rispetto a quello delle missine, costituito per ora solamente da tre taxa (vedere qui), il record fossile delle lamprede è leggermente più ampio.
Inoltre, esso presenta un salto temporale minore, visto che, a differenza di quanto accade per le missine, in cui tra il fossile più recente e i taxa di oggi vi è un periodo di oltre 300 milioni di anni,  per le lamprede il salto è di “soli” 125 milioni di anni.
Le più antiche però risalgono comunque al Paleozoico, tale che anche delle lamprede possiamo osservare come fosse la morfologia più o meno agli inizi della loro storia evolutiva.

Il più antico fossile di lampreda è riferibile a Priscomyzon riniensis (Gess et al., 2006), rinvenuto in strati del Sud Africa databili a circa 360 milioni di anni fa (Devoniano superiore).
Si tratta di un fossile straordinario, un esemplare in vista ventrale con un'anatomia molto ben conservata in cui è ben visibile la forma circolare della bocca, armata con dentelli conici molto simili a quelli dei taxa odierni. La forma del corpo è più tozza e corta rispetto a quella delle lamprede attuali, e questo rappresenta un carattere primitivo rinvenuto anche in altre specie fossili.
La morfologia della bocca, già ben sviluppata come organo succhiatore, suggerisce che già nelle prime fasi della  loro storia evolutiva alcuni di questi animali erano parassiti.

 Priscomizon (Impronta e controimpronta)

Hardistiella montanensis
(Janvier and Lund, 1983), proviene invece da strati del Carbonifero inferiore del Montana, dal Lagerstaetten di Bear Gulch (noto per la sua eccezionale fauna a pesci).
Benché essa presenti conservate solo alcune caratteristiche dei cyclostomi, per cause soprattutto legate alla putrefazione pre – sepoltura, le suo modalità di conservazione somigliano più a quelle delle lamprede che a quelle delle missine (Sansom et al., 2011), tale che si può identificare come una lampreda.
La sua morfologia è abbastanza simile a quella dei suoi parenti attuali, con un corpo allungato, aperture branchiali inclinate e una bocca già abbastanza sviluppata.
Tuttavia, essa presenta anche una piccola pinna anale e una coda ipocerca, caratteri ancora primitivi.

La più famosa tra le lamprede fossili è sicuramente Mayomyzon pieckoensis (Bardack and Zangerl, 1968), proveniente dal sito di Mazon Creek (quindi insieme alle prime missine fossili), risalente al Carbonifero superiore.
Rispetto alle lamprede di oggi, essa possiede un corpo più corto e tozzo, aperture branchiali relativamente piccole e poste più vicine agli occhi (i taxa odierni le hanno più in basso), pinna dorsale, caudale e anale probabilmente unite a formare un unica struttura.
La struttura della sua bocca sembrerebbe non essere sviluppata per uno stile di vita parassita, così da evidenziare come potrebbero essere esistite anche lamprede primitive non parassite.
Mayomyzon presenta un ottimo grado di conservazione, dato che sono ben visibili tutti i caratteri che nelle lamprede sembrano essere particolarmente resistenti alla decomposizione (vedere qui).
Ci sono pochi dubbi quindi del fatto che sia effettivamente una lampreda (anche se gli esemplari conservati dorsoventralmente, se trovati isolati, sono difficili da interpretare come lamprede -Bardack and Zangerl, 1971- ).
Dallo stesso sito proviene anche Pipiscus zangerli, rinvenuto in posizione ventrale, con la grande bocca circolare in evidenza, simile a quella di Priscomyzon.

Mia ricostruzione di Mayomyzon (Da Janvier, 2008). Disegno a mano, colore in digitale.

Il record fossile delle lamprede, come detto all'inizio, ha il grande vantaggio di non essere relegato al paleozoico, come per le missine.
Nel 2007, Chang et al., descrissero due esemplari di una nuova specie di lampreda, Mesomyzon mengae, provenienti dalla celebre formazione di Yixian (Cretaceo Inferiore, Cina), conosciuta in particolare per  i numerosi fossili di dinosauri.
A differenza delle lamprede paleozoiche che abbiamo visto prima, Mesomyzon somiglia molto di più a quelle attuali, con un corpo già più affusolato e lungo, aperture branchiali (7) poste più lontano dagli occhi,  un muso più allungato e un apparato dentale ben sviluppato.
Per queste caratteristiche, Mesomyzon risulta essere più derivata rispetto alle lamprede paleozoiche, tuttavia il dato rilevante che emerge da questa osservazione è che le lamprede possiedono la loro morfologia attuale praticamente già a partire da 130 milioni di anni fa, dimostrando una stasi evolutiva eccezionale.

I due esemplari finora noti di Mesomyzon.
Tra i dati più interessanti relativi al ritrovamento di Mesomyzon, c'è sicuramente quello relativo alla sua provenienza da strati deposti in ambiente francamente d'acqua dolce (essendo stata ritrovata insieme a resti di insetti, di un teleosteo dulciacquicolo, di una salamandra, di una lucertola e di un uccello). I precedenti fossili (Priscomyzon, Hardistiella, Mayomizon e Pipiscus) provenivano invece da depositi marini. Chang et al. osservano come probabilmente Mesomyzon e le lamprede d'acqua dolce odierne si sono evolute da un antenato anadromo (pesci anadromi sono quelli che vivono solitamente in mare e che migrano in acque dolci per riprodursi) rimasto bloccato in un ambiente d'acqua dolce, causato per esempio dal prosciugamente della parte di corso d'acqua collegata al mare. In seguito sarebbe avvenuto l'adattamento ad uno stile di vita dulciacquicolo.
Anche oggi, varie specie di lamprede marine sono anadrome e risalgono i fiumi durante la stagione riproduttiva.

Grazie al ritrovamento di questi taxa fossili, oggi è possibile avere un idea (anche se ancora molto parziale) dell'evoluzione delle lamprede, a quanto sembra caratterizzata da una grande stasi morfologica, con una forma che è cambiata pochissimo nel corso del tempo.

Dopo aver visto i fossili di missine e i fossili di lampreda, i due gruppi di cyclostomi, una domanda sorge però spontanea: da dove arrivano questi due rami? Vi sono fossili che possono essere considerati “forme intermedie” tra i due gruppi?
Le (eventuali) risposte a queste domande, saranno oggetto del prossimo e ultimo post sulla paleostoria dei cyclostomi.

Non mancate!

Bibliografia:

- Bardack D., Zangerl R. 1968
First fossil lamprey: a record from the Pennsylvanian of Illinois. Fieldiana (Geol) 33: 289 - 510
- Bardack D., Zangerl R. 1971
Lamprey in the fossil record. In “The Biology of Lamprey, Vol 1” Edited by M.W.Hardisty, I.C.Potter, Accademic Press, London. 67 - 84
- Chang M.M., Zhang J., Miao D. 2006
A lamprey from the Cretaceous Jehol biota of China. Nature 441: 972 - 974
- Gess R.W., Coates M.I., Rubidge B.S. 2006
A lamprey from the Devonian period of South Africa. Nature 443(7114):981-984
- Janvier P., Lund R. 1983
Hardistiella montanensis n. gen et sp. (Petromyzontida) from the Lower Carboniferous of Montana, with remarks of the affinities of lamprey. Journal of Vertebrate Palaeontology 2: 407 - 413
- Janvier P. 2008
Early Jaweless Vertebrate and Cyclostome Origins. Zoological Science 25: 1045 - 1056
- Sansom R.S., Gabbott S.E. & Purnell M.A. 2011
Decay of vertebrate characters in hagfish and lamprey (Cyclostomata) and the implication for the vertebrate fossil record.  Proceeding of Royal Society 278, 1150 - 1157

2 commenti:

Roberto 'Skazz' Merciai ha detto...

Allora aspetterò trepidante l'ultima puntata!
Altro che Beautiful!

MarcoCasti ha detto...

effettivamente il modo in cui i cyclostomi sono conservativi dal punto di vista evolutivo può essere paragonato a quella soap opera: tantissime puntate con quasi sempre gli stessi attori ;-) su