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Quando i pesci avevano le ali

Tra le tante cose che non si conosco della storia paleontologica del nostro paese, una rigurda il fatto che l’Italia è uno dei pochi posti al mondo in cui sono stati trovati i fossili di antichi “pesci volanti” mesozoici. 

Attualmente, sono solo pochi i pesci ossei in grado di balzare fuori dall’acqua per qualche metro (chi più, chi meno) e “volare” (o meglio, planare, come vedremo dopo), sopra la superficie dell’acqua. 
I più famosi sono i taxa appartenenti al gruppo Exocoetidae, per intenderci i “veri pesci volanti”.
Essi, grazie all’ampia superficie data dalle loro pinne pettorali modificate e dalla spinta della loro pinna caudale ipertrofica, riescono a planare anche per lunghe distanze.


La meravigliosa posa di un exocoetide "in volo".

L’altro gruppo è rappresentato dai ben più strambi pesci accetta, volatori di acqua dolce del gruppo dei Gasteropelecidae.
A differenza degli exocoetidi, essi non presentano una coda modificata per la propulsione, ma delle pinne pettorali allargate e uno sterno piuttosto sviluppato, tale che essi riescono a fare un qualcosa di analogo al volo battuto e, sbattendo le loro pettorali, a “volare” per pochi metri.
Una cosa simile avviene anche in Pantodon, un osteoglossiforme dalle pettorali molto sviluppate.

Carnegellia, un pesce accetta

Pantodon

Entrambi questi gruppi rappresentano faune piuttosto moderne, legate al momento di grande radiazione dei Teleostei avvenuto all’incirca nell’Eocene (circa 50 – 35 milioni di anni fa).
Tuttavia, chi studia i pesci fossili sa che la presenza di pesci volanti non è una novità nell’evoluzione degli Actinopterygii. 


Thoracopteridae è un piccolo clade di actinopterygii con peculiarità anatomiche legate ad un moto planato fuori dall’acqua, conosciuto da fossili risalenti al Triassico superiore portati alla luce in Austria e Italia.  
Ad esso appartengono i generi Thoracopterus (Tintori & Sassi, 1992), Gigantopterus (Abel, 1906) e due taxa ancora da decifrare, ora descritti come “Thoracopterus” martinii e “Thoracopterus” magnificus (Tintori & Sassi, 1987) ma che potrebbero invece rappresentare due generi diversi, o due specie di uno stesso genere comunque diverso da Thoracopterus.

"Thoracopterus" magnificus

A differenza dei moderni exocoetidi, i membri di Thoracopteridae presentano sia pinne pettorali che pelviche ampie e allungate, a formare una sorta di doppio paio di ali, a ricordare un po’ la forma del theropode Microraptor. Gli exocoetidi moderni posseggono invece un solo paio di “ali”, dati dall’allungamento delle pinne pettorali (anche in alcune specie di exocoetidi esistono i così detti biplani, ma la presenza di pelviche allungate non è una caratteristica generale del gruppo). 
Entrambi i gruppi esibiscono una pinna caudale biforcata, con un grande lobo inferiore, utilizzata per darsi la spinta all’interno dell’acqua e come propulsore per la fase aerea.

Notare il movimento ondulatore della pinna caudale, atta alla propulsione sia prima che durante la fase di decollo.

Come dicevo all’inizio del post, fino a poco tempo fa il gruppo dei thoracopteridi era ritenuto endemico della parte ovest della Paleo - tetide, essendo stati trovati solo nel nostro belpaese e in Austria. 
Ma si sa, il bello della paleontologia è anche che ogni giorno nuove scoperte possono smentire i nostri precedenti pensieri.

Xu et al. (2012) descrivono un nuovo genere di thoracopteride, Potanichthys xingyiensis, proveniente dal Triassico medio della Cina. Il nome significa “pesce alato di Xingyi”, dalla  vicina citta di Xingyi, nella provincia di Guizhou, nel sud ovest della Cina. 
Potanichthys rappresenta il più antico membro di Thoracopteridae e la prima evidenza di questo gruppo fuori dall’europa, estendendo il gruppo anche alla parte est della Paleo- Tetide. 
Doppio record!
Questo nuovo thoracopteride è descritto sulla base di due esemplari quasi completi e articolati (lunghezza media 150 millimetri), di cui si sono conservate bene soprattutto la zona craniale e delle pinne.

Lo splendido olotipo di Potanichthys
Ciò ha permesso di ottenere nuove importanti informazioni riguardanti le relazioni evolutive di questo gruppo all’interno di Actinopterygii: grazie allo studio di caratteri cranici precedentemente mai osservati in nessun altro thoracopteride (come ad esempio la parte ventrale della scatola cranica), essi hanno potuto confutare le precedenti ipotesi, che vedevano il gruppo incluso in Perleidiformes (Tintori & Sassi, 1987) o in Luganoiiformes (Griffith, 1977), e ipotizzare che esso rappresenti un gruppo a se stante. Inoltre, la loro analisi ha evidenziato come Thoracopteridae cada all’interno di stem Neopterygii (uno dei gruppi più derivati di Actinopterygii), in posizione più avanzata di Perleidiformes ma più basale di Luganoiiformes. Essi dunque sono molto vicini al punto di origine dei moderni Neopterygii, diversi dagli altri pesci a pinne raggiate per la presenza di un mascellare staccato dal preopercolare (e anche altre caratteristiche), che consente a questi pesci un ampia apertura buccale e nuove e importanti specializzazioni anatomiche dell’apparato masticatore.

Ricostruzione di Potanichthys

Ma a parte queste questioni filogenetiche, l’aspetto più interessante dello studio di Xu et al., sono le loro valutazioni ecologiche e evolutive su Thoracopteridae.
Essi fanno notare come lo sviluppo del volo planato sia molto più comune in ambiente terrestre che non in quello acquatico. 
Il motivo è semplice: i planatori terrestri, come gli scoiattoli volanti, i sauri del genere Draco, Microraptor, Icarosaurus o altri vertebrati, planano sfruttando la portanza e la forza di gravità, secondo un moto a basso costo energetico. 
Basta arrampicarsi su un albero e lasciarsi andare. 
Ciò è piuttosto semplice e non comporta grossi sforzi metabolici. 
In acqua però, la situazione è molto diversa: planare da dentro a fuori la superficie richiede un grandissimo sforzo energetico (non basta lasciarsi andare, anzi, bisogna impegnarsi per uscire dall’acqua), fatto di spinta propulsiva e grande dispendio di energia anche durante la fase aerea (Dudley et al., 2007).
E infatti i pesci volanti odierni utilizzano la loro potente e ampia coda per darsi la spinta, anche per diverso tempo, fino a raggiungere una velocità e una potenza necessaria a balzare fuori dall’acqua, riuscendo poi a planare anche per molti metri (ed anche ad una buona velocità).

 (Piccola parentesi:  Xu et al. 2012 scrivono che solo la presenza di una coda ipertrofica con lobi allungati è indicatrice di un volo planato e della capacità di uscire dall’acqua. Essi menzionano gli altri pesci a pinne pettorali allungate, come i pesci accetta, dicendo che in essi le pinne modificate hanno altre funzioni e che non rientrano nella categoria “pesci volanti” per la loro mancanza di una coda propulsoria. Tuttavia, credo che la loro affermazione non sia corretta, giacché alcuni pesci accetta (es. Carnegellia) riescono a uscire dall’acqua e a “volare” per qualche metro, dandosi la spinta con le pettorali. Anche i pesci del genere Pantodon riescono a planare fuori dall’acqua,  anch'essi battendo le pettorali, se sospinti da forte corrente. La tecnica è diversa, va bene, ma non vedo perché escluderli dal discorso se si sta parlando di pesci volanti...)

Carnegellia: "uff..perchè non posso essere anche io un pesce volante? :-("

Ma se dunque planare richiede così tante energie, perché i pesci volanti odierni lo fanno?
La risposta è quasi ovvia: chi vuole vivere deve scappare. 
Gli exocoetidi oggi hanno molti predatori (Collette & Parin, 1998), soprattutto delfini e tonni, e il loro unico mezzo di sopravvivenza contro questi veloci nuotatori è la fuga. 
Per questo, essi hanno sviluppato questo costoso ma spesso efficace espediente per cercare di sfuggire ai loro agili nemici.
Fossili di grandi rettili, come gli ittiosauri (la cui morfologia ricorda quella dei delfini), e di veloci pesci carnivori, come Birgeria o Saurichthys, sono stati trovati negli stessi strati in cui sono stati rinvenuti i resti dei thoracopteridi. Dunque, è possibile che anche questi pesci abbiano sviluppato un volo planato proprio per sfuggire a questi predatori.

Ciò, oltre a rappresentare un bell’esempio di interazione trofica in un mondo passato, ci fornisce un importante dato sull’evoluzione della vita sulla Terra in un periodo importante come il Triassico.
Alla fine del Permiano, la più grande estinzione di massa della storia eliminò oltre il 90% degli organismi viventi, rallentando e spesso interrompendo l’evoluzione di interi gruppi di piante e animali.
Si è sempre pensato che nel periodo successivo, il Triassico, la vita avesse avuto bisogno di lungo tempo per riformare ecosistemi complessi e floridi come quelli pre- crisi permiana (Hallam e Wignall, 1977).
Tuttavia, successive scoperte riguardanti vertebrati e invertebrati marini, hanno indicato come, almeno negli ambienti marini, la ripresa fu piuttosto rapida o quanto meno più veloce che negli ambienti terrestri (Hu et al., 2010).
In effetti, la presenza di pesci dalle specializzazioni così avanzate come i pesci volanti thoracopteridi, indica che già nel triassico medio vi era una catena trofica piuttosto complessa, e che dunque la vita ha impiegato meno tempo per ristabilire certi ecosistemi di quanto prima ritenuto.

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Bibliografia:

- Abel O. 1906 
Fossile Flugfische.
Jahrbuch Geol. Reichsanstalt. 56, 1–93

- Collette BB, Parin NV. 1998 
Flying fishes and their allies.
In Encyclopaedia of fishes(eds JR Paxton, WN Eschmeyer), pp. 144–147. 
Sydney, Australia: UNSW Press.

- Dudley R., Byrnes G., Yanoviak S. P., Borrell B., Brown R.M. and McGuire J.A. 2007 
Gliding and the functional origins of flight: biomechanical novelty or necessity?
Annu. Rev. Ecol. Evol. Syst.38, 179–201


- Griffith J. 1977 The Upper Triassic fishes from Polzberg bei Lunz, Austria.
Zool. Journal of the Linnean Society.60, 1–93

- Hallam A., Wignall P. B. 1997 
Mass extinctions and their aftermath
Oxford, UK: Oxford University Press

- Hu S-X., Zhang Q-Y, Chen Z-Q., Zhou C-Y., Lu¨ T., Xie T., Wen W. 2011 
The Luoping biota: exceptional preservation, and new evidence on the Triassic recovery from end-Permian mass extinction.
Proceeding of the Royal Society B. 278, 2274–2282 


 - Tintori A, Sassi D. 1987 
Pesci volanti del genere Thoracopterus nel Norico Lombardo. Nota preliminare.
Rivista Italiana di Paleontologia e Stratigrafia.93, 337–345.

- Tintori A., Sassi D. 1992  
Thoracopterus Bronn. (Osteichthyes: Actinopterygii): a gliding fish from
the Upper Triassic of Europe. 

Journal of  Vertebrate Paleontology 12, 265–283 

- Xu G. H., Zhao L.J., Gao K.Q. and Wu F.X. 2012 
A new stem-neopterygian fish from the Middle Triassic of China shows the earliest over-water gliding strategy of the vertebrates. 
Proceeding of the Royal Society B. 20122261

1 commento:

Giovanni Russo ha detto...

Che spettacolo questi pesci volanti!E finalmente noto con piacere che si tratta anche di materiale italiano. E pensare che c'è chi dice che la rinascita paleontologica italiana è appannaggio dei dinosauri..forse non conosce gli altri fossili del nostro paese...