Nello studio dei taxa fossili, spesso
viene data troppa importanza alle caratteristiche morfologiche
rispetto a quanto ne viene data alla sedimentologia, alla
paleobiogeografia, e alle evidenze paleoecologiche.
Va ricordato però che i fossili sono i
resti di organismi che un tempo sono stati in vita, e che quindi come
tali hanno interagito con l'ambiente e con altri organismi.
Le interazioni organismo – ambiente
non solo sono importanti ai fini ecologici, ma permettono anche di
capire e di studiare in maniera più consapevole le morfologie e gli
adattamenti.
E' impossibile pensare ad un organismo
vivente slegato dall'ambiente
I taxa fossili quindi, non sono solo
entità da studiare in quanto tali, ma è importante sempre
considerarli nel loro contesto di vita.
Visto che abbiamo parlato degli
arandaspidi (qui) quasi solo esclusivamente prendendo in considerazione le
loro caratteristiche morfologiche, vediamo invece di analizzarli in un
contesto più ampio, che tenga in considerazione il possibile
ambiente di vita (sia geografico che ecologico) di questo gruppo.
Vedrete che alla fine riusciremo a inquadrare meglio anche la loro
morfologia.
I resti fossili attualmente noti
appartenenti ad arandaspidi provengono essenzialmente da tre zone
diverse del pianeta, Sud America (Bolivia e Argentina), Oceania
(Australia) e Asia (Oman).
Tutte queste zone appartenevano, nell'Ordoviciano, al grande continente di Gondwana, in particolare ai suoi margini Sud – Ovest, Sud -Est e Nord – Est.
Già da questa prima analisi, prendendo in considerazione esclusivamente dati paleogeografici, possiamo concludere che questo gruppo sia stato estremamente diffuso nei mari situati lungo il margine di Gondwana e endemico di tali zone.
Il fatto di essere un gruppo non cosmopolita è significativo per comprendere meglio come mai essi furono così diversi dall'altro gruppo non cosmopolita (Astraspida, endemico della Laurantia, uno degli altri supercontinenti paleozoici che andrà a formare poi parte del Nord America) di pteraspidomorphi ordoviciani.
La lontananza geografica, infatti, è uno dei meccanismi più incisivi sull'evoluzione.
Tutte queste zone appartenevano, nell'Ordoviciano, al grande continente di Gondwana, in particolare ai suoi margini Sud – Ovest, Sud -Est e Nord – Est.
Già da questa prima analisi, prendendo in considerazione esclusivamente dati paleogeografici, possiamo concludere che questo gruppo sia stato estremamente diffuso nei mari situati lungo il margine di Gondwana e endemico di tali zone.
Il fatto di essere un gruppo non cosmopolita è significativo per comprendere meglio come mai essi furono così diversi dall'altro gruppo non cosmopolita (Astraspida, endemico della Laurantia, uno degli altri supercontinenti paleozoici che andrà a formare poi parte del Nord America) di pteraspidomorphi ordoviciani.
La lontananza geografica, infatti, è uno dei meccanismi più incisivi sull'evoluzione.
(Nell'immagine: ricostruzione della Terra (vista dal Polo Sud) durante l'Ordoviciano (modificata da Servais et al., 2010). I quadrati rossi indicano le principali località in cui sono stati trovati fossili di arandaspidi.
Tutti i resti completi e articolati
provengono essenzialmente dalle due formazioni geologiche in cui sono
stati trovati il maggior numero di reperti.
Dalla Anzaldo Formation, situata nella
parte centrale della Bolivia, provengono i resti più di
Sacabambaspis (tra cui l'olotipo), che si ritrovano in associazioni
anche a molti altri reperti frammentati, con estrema abbondanza. E da
qui provengono anche i frammenti di piastra riferiti ad Andinaspis
(=Sacabambaspis?).
Dalla formazione Stairway Sandstone, invece, provengono Arandaspis e Porophoraspis, che si rinvengono sia articolati che in grossi frammenti.
Dalla formazione Stairway Sandstone, invece, provengono Arandaspis e Porophoraspis, che si rinvengono sia articolati che in grossi frammenti.
Recentemente sono stati trovati anche
vari individui non completi, spesso frammentari, di Sacabambaspis nel
Nord dell'Oman, nella formazione Amdeh. Sembra che anche qui questo taxon fosse presente in
abbondanza.
Per quanto riguarda invece
microframmenti, sono state trovate tracce di arandaspidi in molte
altre località sia Sudamericane che australiane, tra cui la
Sepultura Formation in Argentina.
Che dati possiamo ricavare, oltre alla
distribuzione geografica degli arandaspidi, dalla geologia, dalla
sedimentologia e soprattutto dalle associazioni fossilifere di queste
formazioni? Hanno qualche dato in comune che ci permette di
ricostruire un preciso ambiente di vita per questi animali? Vediamo.
La Anzaldo Formation è formata da una
serie di areniti e siltiti, deposte molto probabilmente in ambienti
di acqua molto poco profonda di mare epicontinentale. Oltre a
Sacabambaspis, in essa sono stati rinvenuti i resti di molti
brachiopodi lungulidi della specie Dignomia munsteri, il
trilobite Huemacaspis, vari conodonti, nonchè numerose tracce
fossili di animali fossori (cioè che abitano nel sedimento)
sospensivori, di trilobiti e di altri animali vermiformi scavatori (Davies et al., 2007).
Nella Starway Sandstone, in Australia,
troviamo più o meno una situazione simile, con argilliti e siltiti
deposte in ambiente marino poco profondo, su un margine di piattaforma
continentale.
Insieme a Porophoraspis e
Arandaspis si trovano numerosi bivalvi e moltissimi icnofossili, sia di organismi
fossori a corpo molle che di trilobiti.
Siamo di fronte anche qui ad un'associazione tipica di animali che abitano un fondo relativamente molle, posto a poca profondità (Davies &Sansom, 2009)
Siamo di fronte anche qui ad un'associazione tipica di animali che abitano un fondo relativamente molle, posto a poca profondità (Davies &Sansom, 2009)
Le stesse condizioni si trovano anche
nella formazione di Amdeh (Sansom et al., 2009), con grande presenza di trilobiti e di
animali filtratori fossori, e nelle altre formazioni in cui sono stati
trovati microfossili di arandaspidi.
In base al confronto di queste
caratteristiche, al fatto che in tutti i siti (provenienti da diverse
località) in cui sono stati trovati resti fossili di arandaspidi
mostrano una geologia simile ed una simile composizione in taxa
fossili, possiamo ricostruire con buona precisione l'ambiente di vita
dei nostri pesci agnati.
Dove viveno quindi gli arandaspidi?
Da studi sedimentologici si è potuto ipotizzare
che essi vivevano in zone di acqua salata molto poco profonde,
epicontinentali o comunque strettamente vicino alla costa. Queste erano probabilmente soggette a
grande stagionalità, con periodi ad alta piovosità e grande
apporto di acqua dolce (certificata anche dalla presenza di grandi
superfici di mortalità di massa di bivalvi e brachiopodi) e momenti di breve emersione.
Sembra dunque che gli arandaspidi vivessero in condizioni molto instabili, con frequenti cambiamenti di salinità, di temperatura e con tassi di sedimentazione molto rapidi (Davies & Sansom, 2009)
Insomma, un'ambiente non esattamente comodo.
Sembra dunque che gli arandaspidi vivessero in condizioni molto instabili, con frequenti cambiamenti di salinità, di temperatura e con tassi di sedimentazione molto rapidi (Davies & Sansom, 2009)
Insomma, un'ambiente non esattamente comodo.
La fauna era dominata dai molluschi,
principalmente bivalvi o brachiopodi lingulidi, con buona presenza di
conodonti, nautilodi e trilobiti. Sembra che gran parte del substrato
fosse ricoperto da "pavimenti" di bivalvi o brachiopodi, a
formare comunità molto abbondanti ed estese. Nel substrato erano
presenti numerosi animali bioturbatori, sospensivori o detritivori.
Gran parte degli organismi di questi siti sono sospensivori o
filtratori (così come i nostri arandaspidi), e, come vedremo fra
poco (in un prossimo post), non sarà un caso. Gli arandaspidi
fruttarono al massimo il momento di gloria dei filtratori
sospensivori, in un mondo dove la loro condizione di agnato, senza
mascelle con un efficente apparato filtratore, era vantaggiosa.
Lo studio multidisciplinare e
simultaneo dei dati sedimentologici, geologici, icnologici e
paleontologici ha permesso di ricostruire in maniera abbastanza
dettagliata l'ambiente di vita degli arandaspidi, donandoci un
piccolo oblò su un mondo quanto strano tanto affascinante.
Forse (sicuramente) tutto questo non
sarebbe stato possibile con un approccio puramente morfologico,
filogenetico o statistico.
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Bibliografia:
- N.S.Davies, I.J.Sansom, G.L.Albanesi and R.Cespedes 2007
Ichnology, palaeoecology and taphonomy of an Ordovician vertebrate habitat: The Anzaldo Foration, central Bolivia. Paleogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology 249: 18 - 35
- N.S. Davies and I.J.Sansom, 2009
Ordovician Vertebrate Habitats: A Gondwanan Perspective. Palaios 24: 717 - 722
- I. J. Sansom, C. G. Miller, A. Heward, N. S. Davies, G. A. Booth, R. A. Fortey, and F. Paris, 2009 Ordovician fish from the Arabian Peninsula. Palaeontology 52(2): 337-342
- Servais, T., Owen, A. W., Harper, D.A.T., Kroger, B., Munnecke, A., 2010.
The Great Ordovician Biodiversification Event (GOBE): The palaeoecological dimension. Paleogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology 294: 99 - 119
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Bibliografia:
- N.S.Davies, I.J.Sansom, G.L.Albanesi and R.Cespedes 2007
Ichnology, palaeoecology and taphonomy of an Ordovician vertebrate habitat: The Anzaldo Foration, central Bolivia. Paleogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology 249: 18 - 35
- N.S. Davies and I.J.Sansom, 2009
Ordovician Vertebrate Habitats: A Gondwanan Perspective. Palaios 24: 717 - 722
- I. J. Sansom, C. G. Miller, A. Heward, N. S. Davies, G. A. Booth, R. A. Fortey, and F. Paris, 2009 Ordovician fish from the Arabian Peninsula. Palaeontology 52(2): 337-342
- Servais, T., Owen, A. W., Harper, D.A.T., Kroger, B., Munnecke, A., 2010.
The Great Ordovician Biodiversification Event (GOBE): The palaeoecological dimension. Paleogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology 294: 99 - 119
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