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Kerreralepis e la caduta di Anaspida

Premessa: Scusate se pubblico questo post solo ora ma sono veramente preso dagli ultimi dettagli per il meeting di Oxford e ho pochissimo tempo per fare altro. E scusate se il post vi sembrerà breve o non troppo specifico, il motivo è lo stesso.

Chi studia la posizione dei vari taxa fossili all’interno di un albero filogenetico, sa che il fattore tempo è assolutamente trascurabile. Una specie più antica può essere più derivata rispetto ad un'altra pur essendo appunto più vecchia.
Tempo e filogenesi non sembrano dunque andare molto a braccetto, almeno superficialmente.
In tutti questi mesi qui, su Paleostories, abbiamo ripercorso le ultime ipotesi sull’origine dei vertebrati, partendo dai cladi esterni a tale gruppo (come quelli contenenti le ascidie, gli anfiossi e misteriosi resti fossili cinesi ancora poco chiari), passando per i vertebrati più primitivi (ma forse no) attualmente viventi,  fino ad arrivare ai bizzarri e maestosi heterostraci del siluriano.
Parlando di vertebrati basali fossili, ho cercato di dare un senso cronologico all’evoluzione, prediligendo i gruppi più antichi rispetto a quelli più primitivi. Abbiamo visto i primi vertebrati del cambriano, poi discusso ampiamente dell’ordoviciano, e infine ci siamo addentrati nel siluriano.
Ebbene, proprio qui nel siluriano si trovano i fossili dei più primitivi vertebrati non cyclostomi attualmente noti: gli anaspidi.
In realtà, se vi ricordate, abbiamo già incontrato questo bizzarro gruppo di animali qui, quando ho affrontato la questione riguardante la (presunta) primitività di Cyclostomata rispetto a Gnathostomata. Il caso di Euphanerops e degli “anaspidi nudi” è sicuramente uno degli argomenti più interessanti per gli esperti del settore.
Oggi, dunque, dopo aver ignorato per tanto tempo il principio filogenetico dell’anacronismo, andiamo a scoprire quelli che, ad oggi rappresentano i più basali tra tutti gli gnathostomi noti, ossia i più primitivi vertebrati non cyclostomi conosciuti.

 
Anaspida comprende all’incirca  una ventina di specie, vissute in un lasso di tempo che va dal Siluriano medio al Devoniano inferiore. Come tanti gruppi di agnati fossili, anch’essi furono endemici di una particolare area, in questo caso dell’Euramerica.
A guardare bene la forma generale di un anaspide, quello che colpisce è la sua aria molto diversa da quella degli altri agnati che abbiamo incontrato finora e più simile a quella dei “pesci” che siamo abituati a vedere tutti i giorni.
Non sono presenti le grosse piastre dermiche caratteristiche degli heterostraci, ma l’esoscheletro è invece composto da piccole scaglie, di forma più o meno allungata nel corpo e subrettangolare nel cranio. La mancanza di piastroni dermici e una composizione delle scaglie non eccessivamente dura (non c’è la dentina) rende questi animali piuttosto difficili da fossilizzare, anche se quando vengono trovati le modalità di conservazione sono generalmente molto buone. 
Essi presentano un’apertura in mezzo alle orbite, identificato come  un dotto nasoipofisiale tipico, l’organo di senso principale delle attuali lamprede.; non tutti gli studiosi sono però d’accordo sull’esatta natura di questa apertura.
Una fila di aperture branchiali per lato, in numero da 6 a 15, si diparti dagli occhi giù fino alla zona ventrale, spesso in verticolare o in obliquo.
La coda è ipocerca, ossia con una parte notocordale verso in basso. Il lobo della caudale è dorsale alla porzione notocordale. In alcuni taxa è presente una pinna anale, mentre non sono presenti pinne pettorali ne pelviche, ne dorsali.

Pharyngolepis. Disegno di Fabrizio Lavezzi

Una delle caratteristiche più importanti che distingue gli anaspidi dagli altri animali è la presenza di una spina triradiata posta posteriormente alla serie branchiale e una fila mediana di scaglie dalla forma molto particolare, a volte uncinata, come in Birkenia.
Altro peculiarità famosa degli anaspidi riguarda la presenza (presunta, come vedremo dopo) di una pinna laterale ventrale pari, come in Pharyngolepis.
Le dimensioni possono variare da pochi centimetri fino a 15 centimetri, con poche eccezioni superiori. Sicuramente non dovevano essere animali eccessivamente in alto nella catena alimentare. I loro fossili sono stati trovati in depositi marini non troppo profondi  e vari autori (Es. Janvier, 1996) hanno ipotizzato che dovessero nutrirsi un po’ come fanno le lamprede, grufolando nel substrato alla ricerca di piccoli animali o particelle; tuttavia la forma del loro corpo non sembra così inadatta al nuoto libero, e le loro scaglie leggere, la corporatura fusiforme e flessibile e la dotazione di pinne stabilizzanti (Attenzione! Non nel senso che poteva essere mosse  - non possiedono segni di muscolatura -per dare stabilità, come fanno alcuni pesci osteitti attuali, ma semplicemente come superficie perpendicolare all’acqua) fanno pensare che fossero più che semplici bottom feeder.

Il bizzarro Birkenia, il più basale tra gli anaspidi. Disegno di Fabrizio Lavezzi
Benché la loro forma faccia presagire un’indole “pacifica e simpatica”, non si può dire che questi animali lo siano altrettanto con i paleontologi: la loro posizione filogenetica, e persino la monofilia stessa del gruppo, è ancora ampiamente dibattuta.
Recentissimamente (2012) Henning Blom, uno dei massimi esperti di anaspidi del mondo, ha descritto un nuovo genere, Kerreralepis, proveniente da strati del Devoniano inferiore dell’omonima isola di Kerrera, in Scozia. La scoperta di questo taxon e lo studio dei suoi caratteri anatomici hanno portato nuovi preziosi dati per lo studio dell’evoluzione e la sistematica del gruppo.
Una questione sicuramente dibattuta riguarda la morfologia della “doppia pinna ventrale” in Pharyngolepis: la presenza in Kerreralepis di una piastra preanale mediana ben sviluppa e singola (come nella maggior parte degli anaspidi, a parte Birkenia) e la contemporanea assenza di esemplari in cui si siano effettivamente preservate un paio di “pinne laterali” inducono a pensare che anche Pharyngolepis abbia una “pinna laterale preanale” diversa, più corta e forse mediana e singola. In più questo fornirebbe spunti interrogativi anche sulla corretta natura della pinna laterale di Euphanerops (e quindi del suo legame più o meno stretto con Anaspida).

Ricostruzione di Kerreralepis. Da Blom 2012

Oltre a ciò, Kerreralepis ha fatto sulla monofilia di Anaspida lo stesso effetto di una scossa di terremoto su una casa non particolarmente ben costruita.
Blom (2012) ha analizzato la stabilità del gruppo con una matrice inclusiva dei più completi tra gli anaspidi noti (Lasanius, Birkenia, Pterygolepis, Rhyncholepis, Pharyngolepis, Cowielepis, Kerreralepis e Vilkitsikilepis).
Il dato importante emerso è la debolezza di Anaspida se si considera Lasanius (che prima nelle analisi cadeva in posizione molto derivata) come appartenente al gruppo: escludendo Lasanius da Anaspida, esso risulta più robusto e suddiviso in due gruppi ben distinti, uno contenente Birkenia (il più antico rappresentante del gruppo attualmente no), Pterygolepis, Rhyncholepis e Pharyngolepis, e un altro che include invece i più giovani agnati conosciuti, Kerreralepis, Vilkitskilepis, e Cowielepis.
Tutti questi taxa, meno Lasanius, sono raggruppati nel clade Birkeniida, caratterizzato da una struttura a V delle scaglie del tronco e una serie di piccole scaglie sulla parte cefalica. Dunque Anaspida si identifica con Birkeniida, di cui Birkenia è il taxa più basale.

Cladogramma di Anaspida (+ Lasanius) risultante dall'analisi di Blom 2012

In precedenza, la topologia di Anaspida prevedeva la presenza di Pharyngolepis in posizione basale, a causa della sua grande pinna anale e della sua (presunta) lunga pinna laterale doppia. Inoltre, il gruppo più derivato era considerato quello includente Birkenia e Lasanius, per la perdita della pinna anale e la presenza di grandi scudi dorsali mediani a forma di uncino, che erano considerati tratti molto evoluti.
E’ ipotizzabile invece che l’assenza di pinna anale in Lasanius rappresenti un carattere ancestrale (e in effetti essa non è presente nelle lamprede, se non in uno strano caso) e non un tratto derivato di Anaspida.
Ovviamente questi risultati non vanno presi come verità assolute, nuovi e futuri fossili di anaspidi potranno confermare o ribaltare queste ipotesi. In paleontologia, come nella scienza in generale, ciò che è oggi potrebbe non essere domani, ricordatelo sempre.
La descrizione di Kerreralepis ha anche fornito nuove possibili indicazioni sulla filogenesi di altri gruppi di agnati fossili, tra cui il mio caro Pteraspidomorphi…ma questa è un’altra storia (prometto che la vedremo più avanti, magari dopo che mi sarò confrontato un po’ con gli altri studiosi di “early verts” a Oxford).
Ora vado, un intensa dieci giorni paleontologica mi attende. Ci rivediamo dopo il 17 settembre.
Spero di portare succose novità (e dagli abstracts delle conferenze, direi di si).
A presto, su Paleostories.blogspot

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Bibliografia:

- Janvier, P 1996
Early Vertebrates, Oxford, .

- Blom, H. 2012
New Birkeniid anaspid from the Lower Devonian of Scotland and its phylogenetic implications. Palaeontology 55 (3) : 641–652

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