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L'estinzione di massa di fine Ordoviciano Parte 1: Al freddo e al gelo.

Vi avevo promesso che avrei parlato dell’estinzione di fine Ordoviciano ed eccoci qui, finalmente.
Innanzi tutto devo dire che sono contento che questo post, prima di essere tale, è stato presentato sotto forma di power point durante una mia esposizione alla classe (insieme ad altre belle presentazioni tenute da altre mie colleghe) nel corso di Evoluzione Geologica di un Pianeta Abitabile per la laurea magistrale in Scienze della Natura.
Il mio intento di dare a certi avvenimenti negletti (e vedrete che questa estinzione lo è) lo spazio che si meritano, è riuscito non solo attraverso il blog ma anche dal vivo, e la cosa mi riempi di gioia.

Ma bando alle ciance.
Tra tutte le grandi estinzioni di massa, l’evento che avvenne alla fine dell’Ordoviciano è, in rapporto alla sua portata, senza dubbio quello meno conosciuto.
Ciò che quasi tutti non sanno (ma dovrebbero) è che l’estinzione di massa di fine Ordoviciano, che da ora in poi chiameremo affettuosamente LOME (Late Ordovician Mass Extinsion), non solo è stata la più antica delle cinque "Big Five" (ossia, le grandi estinzioni di massa che hanno caratterizzato la storia della vita della Terra, avvenute tra ordoviciano/siluriano, devoniano/carbonifero, permiano/triassico, triassico/giurassico e tra cretaceo/paleogene), ma è anche quella che occupa il secondo gradino del podio come numero di specie estinte, dopo l’inarrivabile estinzione di fine Permiano. Infatti, la LOME spazzò via dalla faccia del pianeta circa l’85% di tutte le specie della Terra (Jablonski 1991)!
Ma, ahimè, nonostante batta di circa il 10% la portata distruttiva dell’evento avvenuto al limite k/pg (per intenderci, quello in cui si estinsero rettili volanti, rettili marini e gran parte dei dinosauri), essa risulta molto meno famosa di quest’ultima.
Del resto, si sa, i dinosauri sono animali molto più mediatici e rendono famoso tutto ciò che è a loro collegato.

Nell’anteprima a questo post avevo detto che qui avrei chiuso per un po’ i nostri post dedicati all’Ordoviciano, e che i due post precedenti, legati al tema della climatologia, erano in qualche modo una sorta di preparazione a questo post.
Ma cosa c’entra la climatologia con la LOME?

Due post fa vi avevo mostrato come i livelli di pCO2 di tale periodo erano esageratamente alti rispetto ad oggi, con conseguente esistenza di un'intensa fase di green house, ciò con un clima caldo e umido. Però (e vi ripropongo il grafico presente in quel post), si può notare come alla fine di questo periodo, si registra un rapido cambiamento delle temperature, con un crollo repentino nell’intorno del limite tra Ordoviciano e Siluriano, e un abbassameto della pC02 dalla fine dell'Ordoviciano per tutto il Siluriano.


Nel post successivo abbiamo inoltre visto come, secondo il modello di Manabe e Bryan (1985), una diminuzione della pCO2 avrebbe causato seri problemi alla Terra, portando a forti fenomeni di glaciazione e raffreddamento globale, con conseguenze non solo sulla temperatura dell’atmosfera ma anche sulla circolazione oceanica.
Dunque, si può dire che un abbassamento della concentrazione di CO2 in atmosfera, rapido e sotto una certa soglia, possa essere un problema per la Terra.
Questa premessa è assolutamente necessaria per tentare di capire cosa successe alla fine dell’Ordoviciano.

Ma andiamo con calma e partiamo dall’inizio.
 
Quando abbiamo parlato del G.O.B.E., abbiamo visto come durante l’Ordoviciano sia avvenuto un forte evento di radiazione, che ha portato il numero di taxa viventi ad aumentare in modo esponenziale. Non solo dal punto di vista del numero di specie, ma avvenne una vera e propria rivoluzione della vita, con la conquista di nuove nicchie ecologiche e trofiche.
Dunque, per quasi tutta la sua durata, l’Ordoviciano fu un periodo molto favorevole alla vita.
Perché invece verso la sua fine gli organismi viventi rischiarono quasi tutti di scomparire?
Fortunatamente, molti paleontologi, paleoecologici, paleoclimatologi e geologi (mi scuso se ho dimenticato altre categorie), hanno tentato di ricostruire cosa avvenne in questa importante fase delle vita, tale che ora abbiamo molti dati e possiamo formulare ipotesi basate su evidenze vere.
I dati in nostro possesso, paleocologici, geologici e soprattutto riguardanti lo studio degli isotopi di certi elementi, come l’ossigeno e il carbonio, ci dicono che alla fine dell’Ordoviciano, in particolare 2-4 milioni di anni prima del limite O/S, è avvenuto un fenomeno di intenso raffreddamento del clima globale e un grande evento di glaciazione, che ha portato alla formazione di un grossa calotta glaciale, durata almeno un milione di anni, su buona parte del Gondwana.
Osservando il grafico sottostante si può infatti vedere come studi sugli isotopi dell’ossigeno (in particolare O16 e O18), il cui rapporto indica climi caldi o freddi, e del carbonio (in particolare del C13 inorganico e organico), indice della produttività primaria, segnalino un abbassamento di temperatura avvenuto all’incirca a partire dall’inizio dell’Hirnantiano, 445,6 milioni di anni fa, e terminato alla fine di tale piano, circa 443,7 milioni di anni fa.


Livello del mare, del delta 018 e del delta C13 durante l'Hirnantiano. In blu l'inizio e la fine della Glaciazione. Da Sheehan,


Hirnantia sagittifera
Infine, verso l’inizio dell’ Hirnantiano compaiono numerosi taxa tipici di climi caldi, come il brachiopode Hirnantia (che da il nome al piano Hirnantiano). Questi taxa sono importanti indicatori ambientali che i paleoecologi usano per capire com’erano le temperature, soprattutto marine, durante determinati periodi. La fauna a Hirnantia (la quale comprende questo brachiopode e altri animali con condizioni climatiche affini), indica abbassamento del livello del male e in certe formazioni è stata utilizzata come indicatore di un clima più fresco (Jia-yu & Harper, 1998).

Grazie a studi geologici si è anche potuto capire che in corrispondenza della fine dell'Ordoviciano si è formata una grande calotta glaciale, estesa su gran parte del Gondwana da circa 90° di latitudine Sud a circa 60° - 55° di latitudine Sud. Ciò è indicato dalla presenza di numerosi segni geologici di esistenza di ghiacciai, come tilliti, rocce montonate, depositi di morene, drop stones, etc., in Africa, Sud America e Penisola Arabica (Sheehan, 2001). Secondo calcoli effettuati da Brenchley et al., nel 1991, la calotta dovrebbe aver avuto un'estensione di circa 30 milioni di kilometri quadrati. Attualmente non è stato possibile stimare lo spesso del ghiacciaio (Sheehan, 2001), ma studi effettuati sui segni lasciati dall'erosione di depositi di fondale marino indicano che in seguito all'intrappolamento di acqua all'interno della calotta glaciale il livello globale del mare si abbassò di oltre 70 metri (Kolata & Graese, 1983).
Insomma, un bel ghiacciaio!

Ricostruzione dell'estensione della calotta di ghiaccio di fine Ordoviciano secondo le evidenze geologiche. Da Ghienne 2002

Dunque, ci troviamo in una situazione in cui una terra calda, umida, incredibilmente ricca di biodiversità e con condizioni molto favorevoli alla Vita, si trova ad un certo punto a subire un brusco cambiamento di temperatura, tale da scatenare uno dei fenomeni di estinzione di massa più devastanti della sua storia.

Ma cosa può aver provocato il crollo delle temperature e la comparsa di ghiaccio su buona parte delle terre emerse se alla fine dell' Hirnantiano vi era un clima molto caldo e per di più, piccola anticipazione, se poco prima di questo periodo è registrato un ulteriore picco di temperature?

Tutto questo nella prossima parte della nostra Paleostoria...

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Bibliografia:

- Brenchley P. J., Romano M., Young T. P., Stoch P., 1991
Hirnantian glaciomarine diamictites-evidence for the spread of glaciation and its effect on Ordovician faunas. Geol. Surv. Can. 90-9:325 - 336

- Ghienne J.P. 2002 
Late Ordovician sedimentary environments, glacial cycles, and post-glacial transgression in the Taoudeni Basin, West Africa. Palaeogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology. 189 (3-4): 117 145

- Jia-yu R. & Harper D. A. T., 1998 
A global synthesis of the latest Ordovician Hirnantian brachiopod faunas. Royal Soc. Edinb. Transact. Earth Sci. 79: 383 - 402

- Jablonski D. 1991
Extinctions: a paleontological perspective.  Science 253:754 - 757 

- Kolata D. R. and Graese A. M., 1983 
Lithostratigraphy and depositional environments of the Maquoketa Group (Ordovician) in northern
Illinois. Ill. State Geol. Surv. Circ. 528:1–49 


- Manabe S. & Brian K, 1985
C0,-Induced Change in a Coupled Qcean-Atmosphere Model and Its Paleoclimatic Implications. Journal of Geophysical research, 90 (6): 11689 - 11707 


- Sheehan P. M., 2001
The Late Ordovician Mass Extinction. Annu. Rev. Earth Planet. Sci. 29: 331 - 364 

- (Non citato) presentazione power point: "The Late Ordovician Mass Extinction: the forgotten extinction" presentato da Marco Castiello durante il corso di "Evoluzione Geologica di un Pianeta Abitale", prof. Giovanni Muttoni, Università degli studi di Milano, Corso di Laurea Magistrale in Scienze della Natura.

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