Gli antichi latini solevano dire “nomina sunt consequentia
rerum” (Giustiniano, Istitutiones, libro II, 7, 3 ), “i nomi sono la conseguenza delle cose”,
per intendere come i nomi degli oggetti, delle persone, degli animali siano in
qualche modo collegati al loro essere, ai loro modi di fare, alle loro qualità.
In effetti, se ci pensate bene, ciò è palese e ben visibile tutto intorno a
noi: molti cognomi di persona derivano da antichi mestieri (ossia cosa facevano
gli antichi membri della famiglia) o a luoghi geografici indici di provenienza,
o a caratteristiche esterne. Pensate ai
vari Napolitano, Dalla Chiesa, Baresi, Longhi, Cacciatore, Lombardo, Rossi, etc
O pensate agli oggetti, il cui nome spesso esprima lo loro
funzione o il loro stato (gelato, ghiacciolo, caldarroste, asciugamano,
tritacarne, accendino, etc..).
Lo stesso discorso può essere applicato anche alla
sistematica, o meglio ancora al processo di nomina di una specie (ho parlato di
quest’argomento qui). Molto spesso, quando uno scienziato deve decidere che
nome dare ad una specie nuova, segue lo stesso principio che abbiamo visto per
i cognomi o per i nomi degli oggetti.
E’ così che troviamo nomi di taxa che
derivano dal luogo in cui ne sono stati trovati i fossili (es. Sacabambaspis, dal
villaggio di Sacabambilla, in Bolivia, o ancora Tanystropheus meridensis, dal
paese di Meride, in provincia di Lecco, Italia, o Argentinosaurus, dallo
stato dell’ Argentina, etc..) o con riferimenti al nome dello scopritore (es.
Stoppania ornata, dal nome del geologo Antonio Stoppani, o come
Saurolophus osborni, in onore del paleontologo americano Osborn), o ancora ai loro caratteri morfologici (Didelphodon “dente da opossum”, Baryonyx “artiglio ricurvo”, Ctenognathichthys“pesce dai denti a pettine”, etc..).
Morale della favola, dimmi come ti chiami e ti dirò chi sei.
Prestate molta attenzione ai nomi, posso dirci tante cose prima ancora di
vedere le sembianze di chi porta tale nome.
Collegandomi a questo, oggi parleremo di un gruppo di pesci
senza mascelle molto ristretto e bizzarro, il cui nome porta con se una piccola
ma divertente storia.
E’ il 1991 quando il paleontologo australiano Gavin Young pubblica la descrizione ufficiale di due nuove specie di pesci senza mascelle fossili provenienti dai depositi di arenaria di Toko Range, nella parte sudoccidentale del Queensland.
La
morfologia di questi fossili era così fuori dal comune che Young credette di avere le allucinazioni e diede ad
uno dei due taxa il nome di Pituraspis.
La parola Pituri indica un particolare
tipo di allucinogeno utilizzato dagli sciamani aborigeni per aiutarsi
nell’avere le visioni durante le divinazioni. Esso è ottenuto attraverso la
miscela di foglie della pianta Duboisia (una solanacea, come la patata, la
melanzana, ma anche il peperoncino e la belladonna), di cui alcune specie coltivate
anche per scopi farmaceutici (per la produzione di antispamodici), e di cenere
di Acacia, che vengono impastate e masticate. Gli aborigeni sono soliti trasportare il pituri in bellissimi astuccini colorati fatti a mano.
In questo caso dunque, il nome
Pituriaspida nasconde anche un’affascinante storia di cultura tradizionale dei
primi australiani.
Come ho detto all’inizio, i nomi delle cose sono la
conseguenza del loro essere, ed effettivamente Pituriaspida presenta una
morfologia abbastanza curiosa.
Innanzi tutto, esso è rappresentato da due soli taxa,
Pituriaspis doylei e Neeyambaspis enigmatica (toh, strano nome per una
specie!), documentati da resti incompleti e rinvenuti in depositi marini (forse
paralici o comunque di delta) datati all’inizio del Devoniano Medio. Già il
fatto che i loro fossili sono gli unici macro resti di agnati del Devoniano
Medio rinvenuti in Australia, li rende di per sé speciali.
La loro caratteristica distintiva è la presenza di una
grande apertura sotto ogni cavità oculare, vagamente simile agli spiracoli
delle razze. Anche la placca cefalica è peculiare, con un grosso scudo che si
protrae ben oltre la zona della testa e che probabilmente copriva più della metà
del corpo dell’animale.
Delle due forme, Pituriaspis presenta un lungo rostro e uno scudo dermico più allungato, mentre
Neeyambaspis risulta più compresso, con uno scudo più corto e subtriangolare e
un rostro meno sviluppato.
A differenza degli agnati che abbiamo visto finora, è
possibile che i pituriaspidi (come gli osteostraci, che incontreremo nel
prossimo post) abbiano avuto anche delle pinne pettorali pari ben sviluppate,
vista la presenza di due grandi aperture laterali e di un paio di processi
cornuali nella zona di queste aperture. Tuttavia l'anatomia della loro parte caudale e in generale delle strutture non rappresentate dallo corazza dermica è ancora sconosciuta.
La morfologia curiosa di questi animali rende difficile una precisa
attribuzione filogenetica: secondo Young 1991, essi sarebbero in qualche modo
legati a Galeaspida e Osteostraci, ma con una topologia ancora oscura.
Pituriaspida infatti presenta si caratteristiche tali da poter ipotizzare la presenza di pinne perttorali pari ben sviluppate, come gli Osteostraci, ma a differenza di questi ultimi non presentano l’apertura nasoipofisiale dorsale (in Pituriaspis essa probabilmente si trovava nella parte ventrale, mentre è possibile che sia effettivamente in posizione dorsale in Neeyambaspis).
In generale però essi sembrano presentale caratteri tali da poter essere considerati più affini a Osteostraci che non a Galeaspida.
Ovviamente, la speranza è di poter trovare altri resti di questi bizzarri animali, la cui morfologia potrebbe portare importanti dati sull’origine delle pinne pari e più in generale sull’evoluzione dei vertebrati.
La natura non finisce mai di sorprenderci e gli allucinogeni pituriaspidi ne sono un esempio lampante.
Ancor più lampante però è quanto poco sappiamo tutt'ora della vita e di ciò che essa è capace.
Forse, in un giorno futuro scopriremo che ciò che è realmente allucinante è la nostra incapacità di prendere coscienza di quanto siamo fortunati, noi Homo sapiens, di poter godere di queste “allucinazioni” della vita.
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Bibliografia:
- Young, G. C., 1991
The first armoured agnathan vertebrates from the Devonian of Australia.
In Early vertebrates and related problems of evolutionary biology (ed. M. M.Chang, Y. H. Liu, and G. R. Zhang), pp. 67-85. Science Press, Beijing.
Pituriaspida infatti presenta si caratteristiche tali da poter ipotizzare la presenza di pinne perttorali pari ben sviluppate, come gli Osteostraci, ma a differenza di questi ultimi non presentano l’apertura nasoipofisiale dorsale (in Pituriaspis essa probabilmente si trovava nella parte ventrale, mentre è possibile che sia effettivamente in posizione dorsale in Neeyambaspis).
In generale però essi sembrano presentale caratteri tali da poter essere considerati più affini a Osteostraci che non a Galeaspida.
Ovviamente, la speranza è di poter trovare altri resti di questi bizzarri animali, la cui morfologia potrebbe portare importanti dati sull’origine delle pinne pari e più in generale sull’evoluzione dei vertebrati.
La natura non finisce mai di sorprenderci e gli allucinogeni pituriaspidi ne sono un esempio lampante.
Ancor più lampante però è quanto poco sappiamo tutt'ora della vita e di ciò che essa è capace.
Forse, in un giorno futuro scopriremo che ciò che è realmente allucinante è la nostra incapacità di prendere coscienza di quanto siamo fortunati, noi Homo sapiens, di poter godere di queste “allucinazioni” della vita.
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Bibliografia:
- Young, G. C., 1991
The first armoured agnathan vertebrates from the Devonian of Australia.
In Early vertebrates and related problems of evolutionary biology (ed. M. M.Chang, Y. H. Liu, and G. R. Zhang), pp. 67-85. Science Press, Beijing.
5 commenti:
The best review on Pituriaspida in internet, despite that for me it is not easy to read in Italian!
Thank you so much Stas. For the language, there is a translator in the upper part of the blog. Have you used it? How it was?
I understood practically all, although computer translators are always lousy:) I looked for info on pituriaspids when I made a page about them in Russian Wikipedia. And I put there a link to your text among others.
I found that in internet exists some mess about ventral pit at the base of rostrum of Pituriaspis: some authors write that it is present also in Neeyambaspis, and others write that it isn't. From your text I understood that it is absent in this creature, isn't it?
The answer is complex. We tend to say what is written in the (unfortunately only one) official paper on pituraspids (Young 1991). But it is true that twenty years have passed and coulkd be that taking in hand anogain the specimens we can be able to discover features that had previously been misinterpretated or not seen. It often happens that recent studies show new features or reject previous hypotheses, including morphological interpretation(for example, I am publishing a study in which me and my coauthors show new characters and "fix" previous interpretation of a jawless fish officialy describe 20 years ago). If you think about that, science and the investigation techniques are improving day by day, and with it our ability to understand difficult and often incomplete fossils as the first vertebrates :-)
So, the official said that there is no ventral pit at the base of rostrum, but this maybe can change in the future is someone resumes in hand the specimens. I don't know if someone is currently working to re-describe the pituriaspids, but if there is, I would be happy too.
So, just wait for (if any) paper ;-)
Thank you for detailed answer! Let's hope that studying of these animals will be continued!
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