E’ per questo motivo che ho
aspettato che passassero un po’ di giorni prima di fare questo post. Avevo
prima bisogno di fare delle verifiche e di parlarne un po’ con alcuni colleghi.
Come sicuramente qualche
lettore avrà già saputo, sull’ultimo numero della rivista Nature è stato
pubblicato un articolo in merito alla presenza di strutture ossee per la
fecondazione interna del placoderma antiarco Microbrachius (qui l'articolo di Nature).
Essendo solo l’ultimo di una serie di placodermi con evidenze di tali strutture, la conclusione generale portata ai media (e quindi al popolo) è che ora la comunità scientifica pensa che la fertilizzazione interna sia lo status primitivo per gli gnathostomi, con la fecondazione esterna (comunissima in tantissimi gruppi di gnathostomi fossili e attuali) derivata da questa. Tutto ciò, come si evince dall’articolo, contrasta con quanto ritenuto in precedenza, quando si diceva che il passaggio da fecondazione esterna a interna era la situazione standard per l’evoluzione dei vertebrati, e che non si poteva fare il contrario (da interna ad esterna). Questo studio, dunque, ribalta ancora una volta quelle che erano teorie storiche e radicate nella nostra mente, portando una ventata da aria nuova nella nostra mente di scienziati.
Essendo solo l’ultimo di una serie di placodermi con evidenze di tali strutture, la conclusione generale portata ai media (e quindi al popolo) è che ora la comunità scientifica pensa che la fertilizzazione interna sia lo status primitivo per gli gnathostomi, con la fecondazione esterna (comunissima in tantissimi gruppi di gnathostomi fossili e attuali) derivata da questa. Tutto ciò, come si evince dall’articolo, contrasta con quanto ritenuto in precedenza, quando si diceva che il passaggio da fecondazione esterna a interna era la situazione standard per l’evoluzione dei vertebrati, e che non si poteva fare il contrario (da interna ad esterna). Questo studio, dunque, ribalta ancora una volta quelle che erano teorie storiche e radicate nella nostra mente, portando una ventata da aria nuova nella nostra mente di scienziati.
Ultimamente le riviste
scientifiche e la stampa amano il nuovo, il cambiamento, la rivoluzione, il
vedere vecchie credenze e dogmi cadere sotto i colpi delle nuove scoperte e
tendenze. Io stesso sono un amante del nuovo, soprattutto quando tende a
ribaltare visioni antiche che si protraggano per pregiudizi e falsi miti, come
abbiamo visto spesso parlando dei cyclostomi e dei tetrapodi. Però, e c’è un
però, non bisogna esagerare a voler trovare sempre il nuovo e il ribelle in
ogni cosa.
Questo è quello che, secondo me, è un po’ successo con questo articolo su Microbrachius, che in fondo è il tocco finale di una serie di articoli sulla riproduzione dei placodermi.
Siccome è un discorso lungo, soprattutto per quanto riguarda le implicazioni filogenetiche e evolutive, ho deciso di dedicarne una miniserie di post. Per prima cosa, andiamo a vedere quelli che sono i fatti, facendo un passo indietro e analizzando cosa sappiamo delle modalità di fertilizzazione dei vertebrati
Questo è quello che, secondo me, è un po’ successo con questo articolo su Microbrachius, che in fondo è il tocco finale di una serie di articoli sulla riproduzione dei placodermi.
Siccome è un discorso lungo, soprattutto per quanto riguarda le implicazioni filogenetiche e evolutive, ho deciso di dedicarne una miniserie di post. Per prima cosa, andiamo a vedere quelli che sono i fatti, facendo un passo indietro e analizzando cosa sappiamo delle modalità di fertilizzazione dei vertebrati
La fertilizzazione dei vertebrati attuali
Nei vertebrali attuali
abbiamo due diversi tipi di modalità di fertilizzazione, che dipende appunto
dal coinvolgimento separato del maschio e della femmina o dal passaggio della
cellula spermatica nella cellula uovo mediante l’utilizzo di apparati
riproduttivi a stretto contatto.
La
fertilizzazione inferna, attuata attraverso l’impiego di organi copulatori, è
la strategia riproduttiva tipica di molti vertebrati terrestri, in particolare
amnioti.
Tutti i mammiferi
possiedono fecondazione interna e viviparità, con la cellula uovo fecondata che
si sviluppa all’interno del corpo della madre. La copula avviene attraverso un
organo maschile (pene) che si inserisce nell’organo femminile rilasciando gli
spermatozoi. Il feto cresce all’interno della madre fino a maturazione avanzata.
Gli uccelli hanno
fecondazione interna ma non sono vivipari (depongono le uova all’esterno) e
molti di essi non hanno un organo intromettente. Alcuni uccelli (cigni, anatre,
struzzi, emu, e altri uccelli non volatori) possiedono una sorta di pene,
simile a quello di altri rettili (coccodrilli e tartarughe), mentre nella
maggior parte dei casi la copula avviene per sfregamento o contatto delle
cloache.
Tutti i rettili
possiedono fertilizzazione interna, anche perché la deposizione di uova dal
guscio solido non permette alcun tipo di fertilizzazione esterna. Oltre a ciò,
la maggior parte di essi possiede organi maschili intromettenti, assenti solo
nei rincocefali (es. Sphenodon). La copula interna avviene attraverso uno
(coccodrilli e tartarughe) o due (lepidosauri – serpenti e lucertole-) peni o
hemipeni, che si inseriscono nella cloaca della femmina.
Emipeni di un serpente maschio |
Anche vari anfibi
posseggono fertilizzazione interna. In alcuni urodeli (es. tritoni), il maschio
deposita una specie di sacca spermatica (detta spermatofora) che la femmina
raccoglie e introduce nella cloaca, fecondando le uova all’interno del suo
corpo. Alcune cecilie e pochi anuri possiedono una cloaca intromettente. La
maggior parte degli anfibi, però, si riproduce con fertilizzazione esterna,
dato che le uova, senza guscio, vengono deposte in acqua dalla femmina e fecondate dal maschio nel mezzo acquatico.
Anuri nell'atto riproduttivo in acqua |
La situazione nei
pesci è piuttosto complessa, con diverse strategie a seconda dei gruppi. A dire
il vero la cosa non dovrebbe sorprendere, visto che i “pesci” come li
intendiamo noi sono un gruppo fittizio, mentre in realtà rappresentano linee
evolutive anche molto divergenti tra di loro.
Tra i condritti,
i maschi possiedono quelli che vengono chiamati claspers,
estensioni delle pinne pelviche che vengono inseriti nell’utero della femmina
per trasferire lo sperma. I claspers degli elasmobranchi sono in pratica delle
estensioni cartilaginee poste dietro le pinne pelviche, associate ad un muscolo
erettile, che presentano delle scanalature per convogliare lo sperma e
trasportarlo all’interno dell’utero. In generale, tutti i condritti viventi mostrano dimorfismo sessuale e fertilizzazione interna.
Molti pesci ossei (sia actinoperygii che
sarcopterygii) possiedono fecondazione esterna, con le uova che vengono deposte
dalla femmina e poi fecondate dallo sperma del maschio che viene rilasciato
nell’ambiente. Questo tipo di strategia riproduttiva è presente in oltre il 90%
delle specie. La fertilizzazione interna però non è così rara, ed è presente
(per convergenza) in vari gruppi, con strategie diverse. Alcuni gruppi,
possiedono un gonopodio intromettente, ossia una pinna pelvica o anale modificata,
carnosa, diretta posteriormente e con un poro alla fine per il passaggio dello
sperma.
Vari tipi di
pesci da acquario che potreste aver visto in qualche negozio (guppy, platy,
portasada, moly), possiedono questo tipo di strategia, comune soprattutto nelle
forme di acqua dolce tropicale. Altri teleostei possiedono papille
riproduttive, supportate da ossa e poste nella zona delle branchie, che
utilizzano per fecondare la femmina. Ancora, altri pesci possiedono spine emali
delle vertebre dorsali modificate come organo riproduttivo intromettente, o una cloaca dotata di papilla riproduttiva associata ad un muscolo erettile, come nei celacanti. In
casi estremi troviamo addirittura la femmina con un organo copulatorio che
viene inserito all’interno del maschio, per ricevere lo sperma.
Maschio e femmina di Poecilia sphenops, notare la differenza tra le pinne, con il maschio dotato di vistovo gonopodio tubulare. |
Come abbiamo
visto dunque, la fertilizzazione interna nei vertebrati attuali è più diffusa
di quanto si pensi e non segue sempre un vero e proprio pattern evolutivo.
Negli uccelli è stata persa secondariamente da un antenato con fertilizzazione
interna (presente in vari dinosauri non aviani), nei teleostei è stata acquisita
indipendentemente in vari gruppi di linee diverse, negli anfibi è spesso
specie-specifica.
Insomma, sembra ci sia una certa plasticità nelle modalità di fertilizzazione.
Insomma, sembra ci sia una certa plasticità nelle modalità di fertilizzazione.
Secondo la
visione standard, considerando anche che i cyclostomi posseggono fecondazione
esterna, le fecondazione interna per mezzo di organi copulatori è un’evoluzione
secondaria, acquisita in maniera indipendente in linee di vertebrati non legate
tra di loro (alcuni teleostei, condritti e tetrapodi).
La condizione primitiva degli gnathostomi (sensu animali con mandibole) è la fecondazione esterna.
La condizione primitiva degli gnathostomi (sensu animali con mandibole) è la fecondazione esterna.
E' con queste premesse che, nel prossimo post, vedremo quali sono invece i dati relativi alla fecondazione nei vertebrati fossili, in particolare nei placodermi. E sarà proprio qui che entrerà in gioco il nostro ormai celebre piccolo placoderma.
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Bibliografia:
- Long et al. 2014
Copulation in antiarch placoderms and the origin of gnathostome internal fertilization.
Nature doi:10.1038/nature13825
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