Questo post nasce da una delle presentazioni che ho avuto modo di vedere durante il Symposium on Vertebrate Palaeontology and Comparative Anatomy, tenuto nella sua edizione 2013 nella bellissima Edimburgo.
Al convegno ho potuto rivedere tanti amici e conoscere anche persone nuove, studenti, professori e paleontologi di fama internazionale.
Anche quest'anno, come gli altri anni, il convegno è stato arricchito da numerose presentazioni e sessioni di poster (compreso un Castiello et al.) riguardanti la paleontologia dei vertebrati e la loro anatomia (dalla forza del morso dei roditori pleistocenici al movimento dei flipper dei rettili marini, dalla pneumatizzazione delle vertebre di sauropode alle nuove scoperte sui tetrapodomorphi carboniferi, e molto altro).
Per chi magari è abituato a lavorare sul un ristretto campo, su un particolare gruppo di animali, è stata l'occasione per imparare qualcosa anche sul resto del grande gruppo dei vertebrati, e così è stato anche per me.
Oggi vorrei parlare di una delle presentazioni che mi è piaciuta di più e lo faccio riallacciandomi alla serie sui predatori della preistoria, che vuole raccontare come si possano fare inferenze su questo, mitizzato ma importante, aspetto della biologia degli organismi anche partendo da dati reali, da fossili che esistono davvero e che ci forniscono dati importanti per non rendere il discorso legato alla pura speculazione.
David Hone, Donald Henderson, Michael Habib e Francois Therrien descrivono un nuovo esemplare dello pterosauro Rhamphorhynchus in cui si è preservato anche un coprolite, ancora in posizione anatomica (è ancora posizione, parzialmente, nella zona del tratto intestinale), contenente alcuni frammenti dell'ultimo pasto di questo animale.
Gli pterosauri sono da sempre considerati animali predatori, che grazie alla loro capacità di volare potevano occupare più o meno le nicchie ecologiche corrispondenti a quelle degli uccelli (e dei pipistrelli) odierni.
Le numerose modificazione della bocca degli pterosauri, da Pteranodon a Dsungaripterus, passando per Ornithocheirus e Rhamphorhynchus, inducono a pensare che varie linee all'interno di Pterosauria fosse primariamente piscivori.
Rhamphorhynchus, con il suo becco ricurvo e munito di numerosi denti conici accuminati, è sempre stato definito un animale cacciatore di pesci.
Scheletro di Rhamphorhynchus |
Sicuramente avrete visto molte immagini raffiguranti pterosauri che si gettano in acqua o che sorvolano le acque planando e utilizzando i loro becchi per catturare i pesci, un pò come fanno oggi la maggior parte degli uccelli predatori che vivono a stretto contatto con l'acqua, come gli albatros o i pellicani.
Tuttavia, Hone et al. sottolineano come il termine piscivoria non deve essere solamente collegato ad una dieta composta esclusivamente di pesci.
Altri autori hanno suggerito come non si possa considerare l'ipotesi di una dieta più varia, composta di altri animali marini ecologicamente simili (nel senso, a livello di modo di vita, di nuoto e di posizione all'interno della colonna d'acqua), come ad esempio i cefalopodi.
Ed è qui che entra in gioco lo studio di Hone et al.,
Come ho già detto prima, il nuovo esemplare da loro descritto presenta conservato un coprolite e alcuni resti dell'ultimo pasto, sia all'interno del comprolite stesso che nella cassa toracica.
Esaminando nel dettaglio il coprolite, Hone et al. hanno scoperto resti appartenenti a seppie, in particolare relativi agli uncinetti che si trovano nella zona dei loro tentacoli. La conservazione di piccoli dettagli di invertebrati non è facile, e la loro presenza e il loro numero sembra suggerire che i cefalopodi, in particolare le seppie, erano abbastanza comuni sia nei mari dell'epoca, che nella dieta degli pterosauri.
Come se non bastasse, all'interno della cassa toracica sono stati riconosciuti altri resti, stavolta non appartenenti a cefalopdi ma neanche a pesci, bensì a, probabilmenti, un piccolo tetrapode.
Questa nuova scoperta conferma le ipotesi di alcuni autori riguardo l'ampiezza della dieta degli pterosauri, anche di quelle forme, come appunto Rhamphorhynchus, tradizionalmente associate ad una dieta strettamente piscivora.
Del resto è normale che gli animali abbiamo un'ampia varietà di prede all'interno della loro dieta, per non essere particolarmente legati ad un particolare tipo di preda e riuscire a sopperire meglio ad una eventuale diminuzione di disponibilità di una data preda o alle variazioni ambientali.
Ovvimamente, per tutti i dettagli relativi, attendiamo la pubblicazione ufficiale.Un numeroso gruppo di seppie si muove nell'oscurità della profondità marine |
Vorrei chiudere con due importanti suggestioni emerse durante il dibattito post presentazione.
Oggi le seppie, e in generale i cefalopodi, vivono per lo più in profondità, risalendo in superficie, per nutrirsi, generalmente di notte.
Dunque, è possibile ipotizzare che Rhamphorhynchus fosse un predatore notturno, visto che, se il comportamento dei cefalopodi oggi è lo stesso che nel Mesozoico, poteva predare i cefalopodi solo quando essi risalivano in supoerficie?
Oppure, domanda ancora più bella, è possibile ipotizzare una sorta di coevoluzione, per cui i cefalopodi si sono adattati a risalire in superficie la notte per sfuggire ai, diurni, attacchi degli pterosauri?
Ai posteri l'ardua (se ci sarà) sentenza.
P.S. Molti convegni paleontologici (l'SVPCA è uno di questi) sono aperti a qualsiasi pubblico, previa iscrizione. Durante questi eventi, è possibile ascoltare di persona presentazioni e dibattiti su i più disparati e interessanti argomenti legati alla paleontologia. Per chi abbia tempo e voglia, consiglio di andare e partecipare (anche solo per ascoltare, se siete timidi). Vale molto più che leggere un qualsiasi blog. Fidatevi
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Bibliografia:
- Hone D., Henderson D., Habib M. and Therrien F.
Cephalopods in the diet of pterosaurus: evidence froma Rhamphorhynchus coprolite. Abstract of the 61st Symposium on Vertebrate Palaeontology and Comparative Anatomy. 2013. Edinburgh.
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