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Occhio alle spine: A tu per tu con gli acanthodi (Parte seconda)

Nello scorso post ho cercato di descrivere in maniera generale gli acanthodi, introducendo il loro importante significato filogentico e le principali tra le loro caratteristiche anatomiche.
Come ho detto all'inizio di quel post, non è facile, attualmente, parlare degli acanthodi: le ultime scoperte stanno facendo traballare ciò che pensavamo di sapere sulle affinità di questo gruppo di pesci, sia per quanto riguarda la monofilia di Acanthodii (oggi più che mai dubbia), sia per quanto riguarda l'affinità di questo gruppo e dei suoi taxa con i due cladi principali di vertebrati gnathostomi, Osteichthyes e Chondrichthyes.
Dunque, ammetto che non è facile per me parlare di queste cose in maniera generale, ma non voglio tediare nessuno con dettagli e concetti che richiederebbero una buona conoscienza della letteratura pubblicata su questi animali.
Per questo, nei prossimi (tre) post, tratterò gli acanthodi alla vecchia maniera. 
Nel post che chiuderà la serie, quando saremmo diventati un pò più forti sull'argomento, parlerò delle nuove scoperte e di come invece bisogna analizzare questo grado nel contesto dell'evoluzione dei vertebrati.

Oggi incontreremo il primo dei tre gruppi di acanthodi che vi avevo accennato la volta scorsa: Climatiiformes.

Sotto il nome di Climatiiformes una volta era definito un clade di acanthodi caratterizzati dalla presenza di  spine intrmedie tra le pinne pettorali e quelle pelviche, dall'assenza dell'osso extramandibolare, dalla presenza di un palatoquadrato allungato e senza articolazione otica, di alcune ossa (di cui una molto grande e le altre piccole e allungate) a protezione delle branchie, e di un cinto pettorale rafforzato da piastre dermali.

Disegno del cinto e delle spine pettorali di Climatius
Recentemente, alcune analisi filogenetiche (Brazeau 2009, Davis et al. 2012) hanno messo in discussione la monofilia di tale gruppo, e oggi il termine climatiiformi si usa per lo più inteso come grado.
Qui, tuttavia, parlerò dei climattiformi in maniera generica, come se fossero ancora un gruppo unico. Ovviamente, però, vedremo cosa differenziano i vari sottogruppi, prendendo come esempio alcuni taxa fondamentali.


Tra i climatiiformi troviamo i più antichi acanthodi conosciuti da resti completi. 
Una volta il gruppo era considerato essere il più antico tra tutti quelli di Acanthodii, nonchè il più basale. Essi si rinvengono a partire da strati del Siluriano Superiore, fino al Carbonifero.
Resti di climatiiformi, soprattutto scaglie e spine isolate, sono stati trovati con relativa frequenza in Europa e in Russia, e scaglie climatiiforms - like si ritrovano più o meno dappertutto nel periodo di diffusione del gruppo.
Il loro momento di radiazione maggiore è sicuramente stato il Devoniano medio, da dove provengono le forme più spettacolari.

Un gruppo molto particolare è rappresentato dai diplacanthidi, caratterizzato dall'avere un corpo generalmente alto e stretto, scudi pettorali meno sviluppato e strane piastre a copertura della regione delle guance. Il genere più rappresentato è sicuramente Diplacanthus, del Devoniano medio - superiore di Europa e Nordamerica.
La sua morfologia, con una doppia pinna dorsale munita di robuste spine, inserite in profondità, il suo cranio corpo, con mascelle prive di denti, il corpo allargato all'altezza della prima pinna dorsale e la sua coda non esageratamente eterocerca, può essere presa come esempio per inquadrare le caratteristiche generali del gruppo.

Diplacanthus

Altri diplacanthidi abbastanza noti sono Rhodinacanthus, simile a Diplacnathus ma con una spina dorsale posteriore più sviluppata di quella anteriore, Milesacanthus, del Devoniano medio dell'Antartide, la cui scoperta ha mostrato come il gruppo avesse una distribuzione piuttosto ampia, Culmacanthus, dalla forma piuttosto bizzarra, a corpo alto, e con una spina dorsale anteriore molto lunga, e alcune forme recentemente ridescritte come Gladiobranchus e Tetanopsyrus (Hanke & Davis, 2008).
Culmacanthus

Un secondo gruppo è quello dei climatiidi, costituito da Climatius e dai suoi affini.
Essi rappresentano i climatiiformi diciamo classici, con una corpo allungato, numerose spine intermedie e robuste placche a protezione del cinto pettorale.
Quest'ultimo era infatti costituito, oltre dalle spine delle pinne pettorali, da dure placche osse, di numero, forma e dimensione variabili, che servivano probabilmente ad irrigidire questa parte del corpo.
Non è ancora ben chiaro a cosa servissero queste placchette: dal punto di vista funzionale, queste irrigidivano la zona pettoral edei climatiidi a tal punto che probabilmente essi non potevano muovere le pinne pettorali. 
E' possibile che essi, per questo motivo, si muovessero un pò come se stessero "planando" nell'acqua, un pò come abbamo visto per alcuni heterostraci.
Climatius
Molti di questi climatiiformi provengono da siti corrispondenti ad ambienti di acqua dolce o salmastra, ed è interessante notare  come anche oggi vi siano alcuni pesci d'acqua dolce con pinne simili (ossia, con pinne spinate), come i rappresentanti del genere Otocinclus, di cui abbiamo già parlato, così come molti loricaridi e siluriformi. 
Questi pesci, nuotano irrigidendo le pinne pettorali, che vengono utilizzate come timone, affidando gli oneri della propulsione alla sola coda. 
Si può ipotizzare (ma è solo un mio pensiero, quindi prendetelo come tale) uno stile di nuoto analogo anche per i climatiiformi?
Le robuste spine intermedie e delle pinne pari, mediane, erano invece  probabilmen un deterrente per i predatori.
Oltre a Climatius, tra i climatiidi troviamo forma veramente spettacolari, come Parexus, dotato di una lunghissima spina dorsale, il corazzato Eutacanthus, il tozzo Ptomacanthus, Brachyacanthus e altri.
Alcuni di questi li rincontreremo nell'ultimo post, quando parleremo di ciò che oggi molti (ex) acanthodi significato dal punto di vista evolutivo.
Parexus

L'ultimo gruppo di climatiiformi, anche a livello temporale, sono i gyracanthidi, noti soprattutto per le loro inusuali dimensioni.
Alcuni di essi potevano superare anche il metro e mezzo di lunghezza, ben oltre la media, di circa mezzo metro, degli altri acanthodi.
Originatisi presumibilmente nel Devonaino medio, nel Gondwana, essi furono un gruppo abbastanza longevo: le loro caratteristiche spine si ritrovano in molte parti del mondo, soprattutto nell'emisfero boreale, fin in depositi del Carbonifero.
Nonostante ciò, non sappiamo molto della loro anatomia, essendo essi noti soprattutto attraverso resti isolati.
Il nome del gruppo deriva dal genere Gyracanthus, del Devoniano -Carbonifero degli Stati Uniti.

Gyracanthus
Generalmente simili agli altri climatiiformi, essi presentano però un cinto pettorale meno corazzato, con pinne pettorali presumibilmente libere di esse mosse, anche se solo leggermente.
Impressionanti le dimensioni delle sue spine pettorali, che potevano arrivare ad essere lunghe anche circa la metà dell'intera lunghezza dell'animale, come in Gyracanthides (Wanner et al., 2000). Ma d'altro canto, in un ambiente condiviso con gli enormi rhizodontiformi, sarcopterygi predatori lunghi anche più di tre metri, avere spine così grandi doveva essere sicuramente necessario per aumentare le proprie possibilità di sopravvivenza.

Recenti scoperte e analisi filogenetiche (es. Davis et al. 2012) hanno posto numerosi dubbi sulla validita di Climatiiformes come clade monofiletico. Sebbene alcuni taxa siano risultati ancora abbastanza affini da poter riconoscere una distinzione tra, ad esempio, i climatiidi e i diplacanthidi, questi gruppi sono risultati cadere in posizione diverse, e non in un unio grande gruppo.
Ad esempio, alcuni climatiidi, come Eutacanthus, sono risultati più affini agli Osteichthyes (i pesci ossei, per intenderci), a differenza della maggior parte degli altri ex climatiiformi che sembrano più vicini a Condrichthyes (pesci cartilaginei). 
Ma affronteremo tutti questi discorsi alla fine della nostra rassegna su questi animali.
Per ora, lasciamoci incantare senza pensieri dalle affasciananti forme di questi misteriosi vertebrati.


P.S. Molte delle informazioni di queste post derivano dai due libri, Long 2011 e Carrol 1988 (in bibliografia)
P.P.S. Ringrazio  Josep (kahless28.deviantart.com) per avermi concesso di usare il suo disegno. -------------------------------------------------------------------------------------------------------
Bibliografia:

- Brazeau M. D. 2009
The braincase and jaws of a Devonian ‘acanthodian’ and modern gnathostome origins 
Nature 457: 305–308

- Carroll R. L. 1988 
Vertebrate Paleontology and Evolution. WH Freeman and Company, New York

- Davis S. P., Finarelli J. A. and Coates M. I. 2012
Acanthodes and shark-like conditions in the last common ancestor of modern gnathostomes 
Nature 486 (7402): 247

- Hanke G. F. & Davis S. P. 2008
Redescription of the acanthodian Gladiobranchus probaton Bernacsek & Dineley, 1977, and comments on diplacanthid relationships.  
Geodiversitas 30 (2) : 303-330.

- Long J. A. 1995 
The Rise of Fishes: 500 Million Years of Evolution. Johns Hopkins University Press
  
- Warren, A., B. P. Currie, C. Burrow and S. Turner. 2000
A Redescription and Reinterpretation of Gyracanthides murrayi Woodward 1906 (Acanthodii, Gyracanthidae) from the Lower Carboniferous of the Mansfield Basin, Victoria, Australia. 
Journal of Vertebrate Palaeontology 20(2): 225-242.

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