E il nuovo anno
non poteva iniziare meglio che con un post su una pubblicazione riguardo
ad un nuovo gnatostomo enigmatico (che, ammettiamolo, a noi piacciono tanto).
In realtà l’esemplare pubblicato non è nuovo, ma come sempre più spesso accade,
era rimasto sepolto nei cassetti senza revisione dopo essere stato descritto
più di 20 anni fa. La paleontologia “da cassetto” è il futuro? In certi campi,
sembrerebbe di si. Ma di questo parleremo dopo.
Giles, Friedman and
Brazeau (2015) ridescrivono due resti cranici, Pi. 1394 (Olotipo) e Pi. 1833, entrambi
costituti da neurocranio e rivestimento dermico associato, provenienti dalla Kureika
Formation (Siberia) e risalenti a circa 415 milioni di anni fa (Devoniano
inferiore). I resti erano stati precedentemente assegnati da Shultze (1992) all’actinopterigio
Dialipina markae.
Un attento
riesame dei due esemplari, analizzati anche grazie a una tomografia
computerizzata, ha permesso di evidenziare nuovi caratteri della sua anatomia
endocraniale, rivelando così un mosaico anatomico che permette non solo di
rivedere la sua posizione filogenetica, ma anche di aggiungere nuovi dati
riguardo l’evoluzione degli gnathostomi e la condizione ancestrale del loro
ultimo antenato comune.
I due esemplari di Janusiscus, Pi. 1394 (Olotipo, sinistra), Pi. 1393 (destra), in visione dorsale. Modificata da Giles et al., 2015 |
L’analisi effettuata tramite CT scanner ha permesso di esaminare la struttura del neurocranio, che si rivela essere ossificato con tessuto pericondrale, con assenza di tessuto endocondrale. Anche se incompleto nella sua parte più anteriore (regione etmoidale), il neurocranio è ben conservato e permette di osservare caratteri filogeneticamente importanti come l’assenza della fessura ventrale (carattere diagnostico di crown gnathostomata) e del parasfenoide (osso dermico palatale associato con l’apertura del canale buccoipofisiale), nonché la presenza di un basisfenoide, la morfologia dell’area otica (labirinto e strutture associate), il passaggio di alcuni nervi e vasi sanguigni, processi laterali, e molto altro.
Quello che emerge
è un taxon che possiede un mosaico di caratteri inaspettato, che rende incerta quanto intrigante una sua precisa contestualizzazione filogenetica.
Alcuni caratteri sono
tipicamente da osteitto e probabilmente per questo esso era stato inizialmente
descritto come un actinopterigio primitivo. Le ossa dermiche che rivestono il
cranio presentano una condizione macromerica, come negli osteitti e nei
placodermi, con grandi piastre ornamentate. I canali sensoriali della linea
laterale si inseriscono profondamente nel tessuto dermico (invece di essere dei
solchi sono veri e propri canali), come negli osteitti, e anche la posizione
dei foramina del canale endolinfatico dell’orecchio, localizzati molto
posteriormente, richiamo quanto osservabile in molti altri osteitti. Il
basisfenoide, di forma allungata e stretta, somiglia molto a quello di
Acanthodes e di molti osteitti, così come la presenza di un ramo iomandibolare
del settimo nervo cranico (facciale) che si unisce con il canale della vena
giugulare. Tuttavia, come ho già accennato prima, non vi è traccia della
fessura ventrale, caratteristica di crown gnathostomata, che ove presente separa
il neurocranio tra la zona sfenotica e otica. Il neurocranio è inoltre piatto e
largo, non presenta fontanelle vestibulare e possiede un basipterigoide con
processi trasversali poco sviluppati.
Tutti questi
caratteri vanno contro ad un’attribuzione di questi due esemplari di Dialipina sia al gruppo degli actinopterigi, come
ipotizzato in precedenza, che a crown osteichthyies. E’ inoltre chiaro che essi
non possono appartenere all’actinopterigio Dialipina e per tale motivo Giles et
al. istituiscono un nuovo nome (genere e specie), per questi due esemplari. Ancora
una volta siamo nel caso in cui aprire i cassetti e utilizzare nuove tecnologie
e idee su fossili già descritti in precedenza ha portato a nuove illuminanti
rivelazioni.
In un tempo dove
si battaglia per coniare il nome più nerd (legato a personaggi famosi, di libri
fantasy o film), questo nuovo taxon è stato battezzato Janusiscus shultzei, dal
nome del dio greco Giano (Ianus/Janus in inglese), più il suffisso iscus (da
piscis, modificato per far suonare meglio il nome). Per la specie, la dedica è al famoso paleoittiologo Hans Peter- Shultze. Giano è il dio latino del
cambiamento, spesso dipinto con un doppio volto, a simboleggiare il suo legame
con lo scorrere del tempo, con uno sguardo sia sul passato che sul futuro. E
per un taxon che presenta un mix di “facce” di diversi cladi di vertebrata non
si poteva trovare nome migliore. Janusiscus incarna infatti quel miscuglio
morfologico che contraddistingue molti dei più recentemente scoperti
gnathostomi Siluro/Devoniani (esempio Entelognathus e Ozarcus).
Sotto una prima
apparenza osteitta si nasconde infatti un neurocranio con molti caratteri da
condritto. La più evidente riguarda il corso della arteria carotidea interna,
che in Janusiscus e nei condritti (così come in Acanthodes), passa attraverso
lo stesso foramen del canale buccoipofisiale, mentre negli osteitti (e nei
placodermi) questo vaso sanguigno possiede invece un uscita separata, con due
fori situati nella parte ventrale laterale destra e sinistra del neurocranio. Un
altro carattere significativo è la presenza di una cresta subcraniale molto sviluppata,
che corre lungo la porzione vetro-laterale del neurocranio in maniera molto
simile a come osservato nel condritto Doliodus.
Neurocranio in visione ventrali di vari gnathostomi. In rosso il corso dei principali vasi sanguigni, in azzurro il percorso dell'arteria carotidea interna. Modificata da Giles et al., 2015 |
Questo miscuglio
di caratteri riveste Janusiscus di un ruolo primario nella nostra indagine
riguardo alla condizione primitiva degli gnathostomi e di come i caratteri del
cranio dei vertebrati si sono evoluti dal loro antenato comune fino alle specie
che oggi siamo abituati a vedere.
Come vedremo
nella seconda parte, l’analisi filogenetica di Giles et al. risolve Janusiscus come
sister-group di crown gnathostomata. Vari recenti studi hanno riguardato nuovi
interessanti esemplari con caratteristiche intermedie tra osteitti, condritti e
stem-gnathostomi. E’ in questa terra di mezzo di taxa risolti appena fuori
crown-gnathostomata ma non posizionabili in nessun gruppo definito (né ‘placodermi’,
né osteitti, ne condritti), che va posta l’attenzione se si vuole tentare di
capire uno dei momenti più importanti dell’evoluzione, ossia l’origine degli
gnathostomi moderni.
Ed è di questa terra
di mezzo degli gnathostomi che parleremo nella seconda parte di questa
paleostoria, guidati per mano dal “divino” Janosiscus e dalle implicazioni
della sua scoperta.
P.S
Mi dispiace molto per i miei amici
sostenitori degli orologi molecolari. Molte calibrazioni dell’origine degli
attinopterigi venivano fatte utilizzando questi esemplari, visto che erano
attribuiti all’actinopterigio Dialipina. Ora che sappiamo invece appartenere ad
un altro taxon, non actinopterigio, ne consegue che i calcoli fatti utilizzando
questo taxon come riferimento dovranno essere rivisti. Questo pone l’attenzione
sulla scelta dei taxa usati per calibrare gli orologi molecolari. Più si va
indietro nel tempo e più aumenta il grado di incertezza sistematica, specie per
quanto riguarda i vertebrati. Il record fossile è incompleto e la nostra conoscenza
di esso in continuo divenire…ha senso dunque fare queste calibrazioni sapendo
già che dietro vi è un cospicuo grado di incertezza? Ai filogenetisti
molecolari l’ardua sentenza…
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Bibliografia:
- Giles M., Friedman M. and Brazeau M.D. 2015
Osteichthyan-like cranial conditions in an Early Devonian stem gnathostome
Nature doi:10.1038/nature14065
Nature doi:10.1038/nature14065
- Pradel A., Maisey J.G., Tafforeau P., Mapes R.H. and Mallatt J. 2014
A Palaeozoic shark with osteichthyan-like branchial arches.
Nature 509, 608–611- Schultze, H.-P. 1992
in Fossil Fishes as Living Animals (ed. Mark-Kurik, E.) 233–242 (Academy of Sciences of Estonia, 1992).
502: 188–193
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