Da quando questi termini sono diventati di dominio pubblico, ad ogni
scoperta paleontologica di un certo ambito (su tutti, origine dell’uomo e
origine tetrapodi) veniamo invasi da frasi come “l’anello mancante di tutti noi
aveva queste caratteristiche, viveva qui e X milioni di anni fa”.
E puntualmente dopo ogni nuova
scoperta quello che fino al minuto prima era l’antenato comune, l’anello
mancante, viene spodestato da quello nuovo, in una spasmodica ricerca
dell’”antenato comune definitivo”.
Tutto ciò ha portato ad una
mitizzazione delle parole anello mancante e antenato comune.
Due parole che in realtà hanno una valenza scientifica molto più seria di quanto si pensi.
Due parole che in realtà hanno una valenza scientifica molto più seria di quanto si pensi.
Da un punto di vista puramente
tecnico, l’antenato comune di due taxa (discendenti) è quel taxa da cui questi (i discendenti)
sono derivati, per un evento di speciazione.
Tuttavia questa definizione è difficile da usare in paleontologia, dove non vediamo segni di speciazione diretta. In paleontologia, se due organismi hanno un antenato in comune significa che possiedono delle caratteristiche condivise che sono tali perché possedute da un organismo primitivo dal quale si sono poi divise le due linee che hanno portato ai due discendenti.
Tuttavia questa definizione è difficile da usare in paleontologia, dove non vediamo segni di speciazione diretta. In paleontologia, se due organismi hanno un antenato in comune significa che possiedono delle caratteristiche condivise che sono tali perché possedute da un organismo primitivo dal quale si sono poi divise le due linee che hanno portato ai due discendenti.
Ma una cosa importante da capire
è che si può parlare di antenato comune a diversi livelli. Per esempio, noi
condividiamo un antenato in comune con lo scimpanzé, perché siamo primati, ma
ne dividiamo uno anche con il cane, poiché siamo mammiferi, e ne dividiamo
anche un altro il coccodrillo, perché siamo amnioti, e un altro ancora con il
pesce rosso, perché siamo osteitti, etc, giù, fino all’origine della vita.
Quando si parla di antenato
comune, dunque, bisogna stare attenti, perché è un termine che può voler dire
tutto e niente.
E’ un termine che va contestualizzato.
E’ un termine che va contestualizzato.
Una cosa fondamentale da ricordare è che l’antenato comune, essendo appunto “comune”, è condiviso ad almeno due taxa. Dire “l’antenato comune degli osteitti” non ha senso, perché non viene specificato con chi questo è in comune. E inoltre può essere comune a più di un taxa. C’è un antenato comune tra uomo e cane così come (anche se non è lo stesso), c’è un antenato comune tra uomo, cane e balena.
Questo termine viene spesso
confuso e usato (impropriamente) come sinonimo di taxa basale: un taxa è basale
(ossia, ha caratteristiche primitive) rispetto ad altri taxa o ad un gruppo, ma
non per questo ne è l’antenato comune, soprattutto alla luce di quanto detto
prima, cioè che l’antenato comune è comune a due o più taxa. Provo a fare un
esempio: è scorretto dire che Homo habilis
è l’antenato comune dell’uomo
moderno (manca il secondo termine di comunità), ma potrebbe essere corretto dire che Homo habilis è un (non IL) antenato comune tra Homo sapiens e Homo neanderthaliensis.
Inoltre, benchè H. habilis sia una specie basale
(primitiva) di Homo (all’interno del
genere Homo), non per questo è l’antenato comune di tutti gli altri Homo.
Tuttavia, come vedremo fra poco, anche questo uso di antenato comune non è particolarmente corretti in ottica evolutiva.
Tuttavia, come vedremo fra poco, anche questo uso di antenato comune non è particolarmente corretti in ottica evolutiva.
Il discorso circa l’anello mancante, forse è un po’ più astratto e complesso.
Fondamentalmente, non c’è niente
di male intorno al termine “anello mancante”, che, come dicevo prima, ha senso
anche in campo scientifico. Tuttavia, in campo scientifico si fa utilizza un
altro termine, meno sensazionalistico: forma transizionale. Una forma
transizionale (o forma di transizione) è un taxon che esibisce alcune
caratteristiche condivise con un taxon primitivo e altre caratteristiche
condivise con un taxon più derivato del primo.
Per fare un noto esempio, Entelognathus possiede un cranio con caratteristiche affini a quelle di alcuni placodermi ma mostra ANCHE una struttura delle mascelle vicina a quella dei veri gnatostomi. Dunque, possiamo dire che Entelognathus è una forma transizionale, e non c’è niente di male nel dire ciò.
Per fare un noto esempio, Entelognathus possiede un cranio con caratteristiche affini a quelle di alcuni placodermi ma mostra ANCHE una struttura delle mascelle vicina a quella dei veri gnatostomi. Dunque, possiamo dire che Entelognathus è una forma transizionale, e non c’è niente di male nel dire ciò.
Il problema dunque non è nel termine,
tanto più come lo intendiamo.
L’utilizzo popolare di anello
mancante, antenato comune e forma di transizione segue il fallace modello della
linea di discendenza, secondo la quale l’evoluzione segue una linea retta in
cui un organismo o una popolazione si trasforma poi in un'altra, e poi ancora
in un’altra più evoluta, secondo una progressione ben definitiva, spesso
finalistica.
Con l’avvento della cladistica,
oggi sappiamo che questo modello lineare non rappresenta la realtà. Le forme di
vita si evolvono seguendo uno schema ramificato, non lineare.
Dunque, i famosi disegni in cui
si vede l’australopiteco seguito dall’Homo habilis, poi dall’Homo erectus e via
fino all’uomo moderno, in una linea retta come se una forma si fosse originata
da quella precedente sono, mi dispiace dirvelo, sbagliati.
La scorrettezza del termine “anello mancante” nasce già dal contenere la parola anello, riferito ad un legame forte che non c’è, o almeno non come si intende con quella parola.
La scorrettezza del termine “anello mancante” nasce già dal contenere la parola anello, riferito ad un legame forte che non c’è, o almeno non come si intende con quella parola.
NO! |
Ma il miglior modo per capire
come mai la visione popolare dei fossili e delle forme transizione sia frutto
di un errore concettuale è considerare questo semplice ragionamento: siccome il
record fossile è incompleto, data la rarità del processo di fossilizzazione
(vedere qui), la possibilità di trovare tutte le forme estinte di un gruppo (che
è l’unico modo per poter avere una visione certa delle relazioni filogenetiche
e dei legami evolutivi all’interno del gruppo) è praticamente vicina allo zero.
Dunque, non è possibile definire con certezza chi (discendente) si sia evoluto
da chi (antenato).
E ancora, come facciamo a sapere “quanto transizionale” è una forma transizionale, ossia quanto una forma transizionale tra due gruppi è vicina al punto di divergenza tra tali gruppi?
E ancora, come facciamo a sapere “quanto transizionale” è una forma transizionale, ossia quanto una forma transizionale tra due gruppi è vicina al punto di divergenza tra tali gruppi?
Dunque, attenti quando sentite
usare questi termini.
Questo vi fa capire anche quanto soggettiva e dipendente dall’uomo sia la classificazione: Acanthostega, con i suoi arti muniti di dita ma con branchie e pinna caudale, è un pesce osseo o un anfibio?
Direi che poco importa e che
questi crucci della classificazione possono essere facilmente superati
eliminando il modo di pensare scatologico della classificazione linneana.
Considerando che tutti i tetrapodi sono inclusi negli osteitti, Acanthostega non è che un bellissimo
osteitto con le dita, così come lo siamo anche noi.
Per questo è fondamentale avere
dimestichezza con i termini basale/derivato, stem/crown, nodo/ramo.
Ma quindi perché le forme di
transizione, come Entelognathus, sono
importanti?
Perché possedendo esse caratteri
di transizione tra due gruppi, possono aiutarci a ricostruire alcuni aspetti
della morfologia dell’antenato comune (che non sapremmo mai con certezza chi sia
stato) di quei gruppi.
Non temete per il povero antenato
comune, nonostante tutto esso esiste. Bisogna solo capire come pensarlo.
Provate a immaginarlo come un punto di domanda, incolore e etereo, eppur reale;
sappiamo che c’è ma non sappiamo chi è, possiamo ricostruirne alcune
caratteristiche ma non possiamo dargli un nome, però sappiamo che è importante
e perché.
Nei cladogrammi questi antenati comuni sono rappresentati dai nodi, che non raffigurano un taxa quanto un concetto.
Nei cladogrammi questi antenati comuni sono rappresentati dai nodi, che non raffigurano un taxa quanto un concetto.
Eccola, l'evoluzione dell'uomo! Immagine di Anthony Gawarecki |
Ma, direte voi, come mai ho
scritto questo post?
Perché, dopo la notizia del ritrovamento
di Entelognathus, nel cui post
abbiamo parlato della condizione dell’antenato comune dei crown gnathostomi, un
utente mi ha giustamente chiesto come mai due studi diversi dicevano cose in
apparenza estremamente diverse su come doveva essere questo antenato comune.
Nel prossimo post, cercheremo di
vedere se e com’è possibile tentare di ricostruire l’anatomia dell’antenato
comune dei veri gnathostomi.
Nel contempo, potete andarvi a
leggere i due studi incriminati (in questo rigoroso ordine Acanthodi, Entelognathus.)
P.S. Prima di affrontare questo
discorso, ho voluto cercare di fare un po’ di chiarezza su questo argomento
(sperando di essere riuscito nel mio intento). Forse sono stato un po’
confusionario, mi rendo conto che non è facile comprendere queste cose se non
si hanno bene in testa certi concetti. Se questo post vi ha creato ancora più
confusione, cercate di documentarvi ulteriormente e di far chiarezza nella
vostra testa. L’importante è che capiate quanto lontani spesso sono i
significati dei termini usati nel linguaggio comune dal loro reale significato.
3 commenti:
Ciao Marco, vediamo se ho capito. La paleontologia è una scienza storica e non è facile ricostruire ogni irripetibile passaggio e non vediamo il momento della speciazione. Per cui siamo costretti ad introdurre dei nodi ipotetici, mentre nella realtà quando avviene una speciazione noi possiamo identificare un taxa originario ed uno derivato da quello. È così? La seconda domanda riguarda l'espressione "è sulla linea evolutiva di": sarebbe giusto dire che Homo habilis è sulla linea evolutiva di Homo sapiens, anche se risultasse che habilis fosse un ramo laterale staccatosi, senza dar luogo ad ulteriori speciazioni. C'è qualcosa di romantico nel rovistare tra le sabbie del tempo profondo alla ricerca di qualcosa che è (forse) irrimediabilmente perduto. Grazie.
Ciao robo, bentornato :-)
Credo che giri tutto intorno ad una questione terminologica/concettuale, in entrambe le tue domande.
1) "Per cui siamo costretti ad introdurre dei nodi ipotetici, mentre nella realtà quando avviene una speciazione noi possiamo identificare un taxa originario ed uno derivato da quello. È così?"
I nodi non li introduciamo noi, a nostro piacere, ma riflettono legami di parentela e somiglianze reali. I nodi legano due rami di un cladogramma, un cladogramma che non costruisco a piacere mio (si spera), ma utilizzando programmi che leggono le caratteristiche dei vari taxa e tramite combinazioni numeriche "fanno uscire" diversi cladogrammi, da cui poi si estrapolano il/i più verosimili. La speciazione è visbile nella realtà in molti modi, ad esempio attraverso le colture batteriche o gli allevamenti di insetti. Il problema della paleontologia è fondalmentalmente quello che nessuno era li quando è successa la cosa e, non avendo tutti i pezzi del puzzle, non potremmo mai ricostruire con certezza l'immagine e l'evoluzione delle strutture., Possiamo tentare ipotesi e magari arriviamo anche a un qualcosa di logico e verosimile..ma non avremo mai il 100% della sicurezza.
2) "La seconda domanda riguarda l'espressione "è sulla linea evolutiva di": sarebbe giusto dire che Homo habilis è sulla linea evolutiva di Homo sapiens, anche se risultasse che habilis fosse un ramo laterale staccatosi, senza dar luogo ad ulteriori speciazioni."
Il problema è il termine "linea evolutiva di"..cosa vuol dire? l'evoluzione non è una linea ma un ramo. Io l'altra volta ho utilizzato l'espressione "non è nella linea evolutiva dei tetrapodi" contestualmente al mito, perchè il mito parlava di questa successione da pesci a tetrapodi. Noi dovremmo parlare di gruppo filogenetico, ossia di insieme di taxa che hanno un antenato comune. H. habilis è una specie di Homo, e dunque è nello stesso gruppo monofiletico (in questo caso generico) di H. sapiens. Ma attenzione al termine linea. Dire che H. habilis è sulla linea evolutiva di H. sapiens potrebbe tendenzialmente essere giusto, a patto che si contestualizzi cosa si intende per linea. Se con ciò vuoi dire che H. habilis ha un antenato comune con H. sapiens, allora va bene. Ma in questo caso H. habilis è nella linea evolutiva anche di una rana (in quanto vertebrati), di un mollusco (in quanto animale) e di un batterio (in quanto organismi viventi).
Il mio post voleva essere un monito a non generalizzare, a specificare sempre di cosa si sta parlando e in che contesto. E ad usare bene le parole capendo il concetto che ci sta dietro.
Grazie Marco. In effetti intendevo dire che l'introduzione dei nodi sostituisce la nostra capacità di riprodurre con precisione assoluta ciò che è stata la soria evolutiva, non che sia un atto arbitrario. La tua seconda risposta mi induce anche a pensare che i termini "volgari" male si confacciano con la precisione epistemologica che il linguaggio scientifico richiede. Dubito che tu in una relazione ai tuoi pari useresti mai "sulla linea evolutiva di", ma piuttosto altre locuzioni tipo "sister taxon di", "appartenente allo stesso crown group di" etc. Giusto? Ciao
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