Oggi faremo un ulteriore
passo in avanti, andando a incontrare uno dei cladi interno a questo
gruppo, i bizzarri arandaspidi.
Arandaspida è un piccolo
gruppo di pteraspidomorphi, tipici dell'emisfero australe
dell'Ordoviciano, caratterizzati da una particolare conformazione
degli occhi, della coda e da una serie di piastre dermali poste lungo
i due piastroni che compongono la testa.
Al suo interno troviamo solo quattro taxa: il simpaticissimo Sacabambaspis,
Porophoraspis, Arandaspis (il genere che da il nome al
gruppo) e Andinaspis (prima della correzione del post avevo inserito anche Pircanchaspis, ma l'ho tolto perchè la sua posizione filogenetica è troppo dubbia).
Per quanto riguarda le
specie, al genere Sacabambaspis sono riferibili almeno due
specie (S. janvieri e Sacabambaspis sp.), due ad
Arandaspis (A. prionotolepis e A. sp.), due a
Porophoraspis (P. crenulata e P. sp.) e
una per Andinaspis (A. suarezorum).
Arandaspis prionotolepis |
Un tempo si pensava che
il gruppo degli arandaspidi fosse ristretto solo all’emisfero
australe, visto che i fossili di tale gruppo erano stati rinvenuti in
Bolivia, Argentina e Australia. Tuttavia recentemente (Sansom et al.,
2009) sono stati recuperati alcuni esemplari di Sacabambaspis
anche in Oman (che comunque rappresenta il margine arabo del paleocontinente di Gondwana).
In particolare, sono
stati rinvenuti fossili di Sacabambaspis in Bolivia,
Australia, Argentina e Oman, di Arandaspis e Porophorasis
in Australia e di Andinaspis in
Bolivia, tutti provenienti da depositi marini risalenti
all’Ordoviciano. Gli arandaspidi rappresentano dunque un taxon endemico del Gondwana.
La morfologia generale
degli arandaspidi li rende facilmente distinguibili, anche se alcune
differenze significative tra i vari taxa si trovano a livello della forma e
dell’istologia delle scaglie.
La testa, che costituisce
almeno la metà della lunghezza totale del corpo (in media di circa
15 – 20 centimetri), è formata da due piastroni dermali, uno
dorsale e uno ventrale, ornamentati con piccole creste dalla tipica forma frastagliata a foglia di quercia. Al centro della piastra dorsale, piatta e più corta di quella ventrale, si trovano delle creste ornamentali.
La placca ventrale, più larga e bombata, curva circa a metà verso il basso, dando un profilo convesso. La porzione anteriore della piastra dorsale, sul suo margine anteriore, si piega a formare una sorta di placca, delle dimensioni di qualche centimetro e di forma subrettangolare, in cui si trovano le orbite, poste frontalmente (caratteristica distintiva del gruppo) e non lateralmente come negli altri “pesci”. Gli occhi sono inoltre circondati da una serie di anelli sclerotici. Tra i due occhi si trovano, sempre frontalmente, le narici, piccole e molto vicine tra di loro.
La placca ventrale, più larga e bombata, curva circa a metà verso il basso, dando un profilo convesso. La porzione anteriore della piastra dorsale, sul suo margine anteriore, si piega a formare una sorta di placca, delle dimensioni di qualche centimetro e di forma subrettangolare, in cui si trovano le orbite, poste frontalmente (caratteristica distintiva del gruppo) e non lateralmente come negli altri “pesci”. Gli occhi sono inoltre circondati da una serie di anelli sclerotici. Tra i due occhi si trovano, sempre frontalmente, le narici, piccole e molto vicine tra di loro.
La bocca è ventrale, situata sullo scudo ventrale, e presenta una serie di
piastre orali di piccole dimensioni, mobili e probabilmente
utilizzate per raccogliere il cibo. Questo veniva probabilmente filtrato
o direttamente dalla massa d’acqua o dal fondo, anche se non sono
ancora state fatte ipotesi precise sullo stile di alimentazione di
questi animali.
Una caratteristica che
distingue gli arandaspidi dagli altri pteraspidomorphi è la presenza
di piccole piastre, di forma simile a quella di un diamante o
comunque di poligoni regolari, poste tra lo scudo dorsale e quello
ventrale per proteggere le aperture branchiali. Generalmente vi sono
da 18 a 20 piastre, e tra di esse vi sono all’incirca 15 aperture
branchiali per lato. Negli altri pteraspidomorphi, le fessure
branchiali sono invece nude e visibili dall’esterno.
Disegno di Sacabambaspis janvieri (ancora nella versione non aggiornata) |
Il corpo degli
arandaspidi è solitamente simile a quello degli altri
pteraspidomorphi, non coperto da alcun tipo di armatura ma da scaglie
ornamentate da tubercoli. Le scaglie, conosciute soprattutto grazie
ai resti di Sacabambaspis, hanno una forma a V molto
particolare. L’ornamentazione delle scaglie varia molto a seconda
dei taxa.
Nel 2005 Sansom et al. hanno pubblicato un interessante studio sulla struttura interna delle scaglie di Sacabambaspis. Esse risultano formate da tre diversi strati: uno strato più laminato alla base, formato da tessuto acellulare isopedinico (un particolare tipo di tessuto osseo acellulare laminato rinvenuto anche nel tegumento di altri ostracodermi, nei placodermi e in alcuni pesci ossei); uno strato mediano formato da un tessuto acellulare aspidinico (un altro tipo di tessuto tipico dei vertebrati più primitivi, in particolare degli ostracodermi, costituito da tessuto acellulare camerato) intervallato da una serie di fosse irregolari; e infine uno strato esterno composto da un sottile straterello pieno di pori e di canali vascolari e uno straterello esterno più rigido, su cui si trovano i tubercoli e le ornamentazioni composti da dentina e smalto. Lo studio della composizione del dermascheletro di Sacabambaspis ha permesso di comparare gli arandaspidi con gli altri pteraspidomorphi a livello filogenetico, e di ipotizzare (Sansom et al., 2005) che Arandaspida sia sister group di Astraspida.
In altre analisi invece, Arandaspida risulta più affine a Heterostraci, con Astraspida che cade alla base di Pteraspidomorphi (Forey &Janvier, 1993, Gess et al., 2007), mentre in una recente pubblicazione riguardante i cordati e i vetebrati basali (Turner et al., 2010) Arandaspida è risultata cadere alla base di Pteraspidomorphi.
"In altre parole, la situazione è ancora virtualmente irrisolta" (P.Janver, commento personale).
Nel 2005 Sansom et al. hanno pubblicato un interessante studio sulla struttura interna delle scaglie di Sacabambaspis. Esse risultano formate da tre diversi strati: uno strato più laminato alla base, formato da tessuto acellulare isopedinico (un particolare tipo di tessuto osseo acellulare laminato rinvenuto anche nel tegumento di altri ostracodermi, nei placodermi e in alcuni pesci ossei); uno strato mediano formato da un tessuto acellulare aspidinico (un altro tipo di tessuto tipico dei vertebrati più primitivi, in particolare degli ostracodermi, costituito da tessuto acellulare camerato) intervallato da una serie di fosse irregolari; e infine uno strato esterno composto da un sottile straterello pieno di pori e di canali vascolari e uno straterello esterno più rigido, su cui si trovano i tubercoli e le ornamentazioni composti da dentina e smalto. Lo studio della composizione del dermascheletro di Sacabambaspis ha permesso di comparare gli arandaspidi con gli altri pteraspidomorphi a livello filogenetico, e di ipotizzare (Sansom et al., 2005) che Arandaspida sia sister group di Astraspida.
In altre analisi invece, Arandaspida risulta più affine a Heterostraci, con Astraspida che cade alla base di Pteraspidomorphi (Forey &Janvier, 1993, Gess et al., 2007), mentre in una recente pubblicazione riguardante i cordati e i vetebrati basali (Turner et al., 2010) Arandaspida è risultata cadere alla base di Pteraspidomorphi.
"In altre parole, la situazione è ancora virtualmente irrisolta" (P.Janver, commento personale).
In Sacabambaspis, nella parte centrale del tronco (all'incirca dove finiscono le due piastre) sono osservabili una sorta di cresta mediana dorsale e di cresta mediana ventrale, ricoperte da piccole scaglie a forma di tegola, simili a quelle degli heterostraci.
Queste creste tuttavia non sono comparabili alle pinne impari dei pesci (dorsale ed anale), poichè non portano raggi.
A parte questo il
corpo è piuttosto semplice, manca di tutte le pinne pari, nonché
della dorsale, e presenta una caudale abbastanza sviluppata.
L'incompletezza dei resti relativi agli altri taxa non consente di verificare se queste creste sono presenti anche in essi.
Fino a poco tempo fa si pensava che tale pinne fosse dificerca, formata cioè da tre lobi (uno dorsale e uno ventrale) di dimensioni più o meno simili, e da un lobo centrale più piccolo, come avviene nei celacanti.
Tuttavia, si conosceva poco dell’anatomia della coda di questi pesci, poiché code intere non erano mai state studiate con attenzione. Recenti studi però hanno permesso di studiare nel dettaglio la coda di Sacabambaspis (l’avrete capito, il taxon più conosciuto tra gli arandaspidi), così che ora possiamo avere un’idea abbastanza precisa di come essa fosse.
L'incompletezza dei resti relativi agli altri taxa non consente di verificare se queste creste sono presenti anche in essi.
Fino a poco tempo fa si pensava che tale pinne fosse dificerca, formata cioè da tre lobi (uno dorsale e uno ventrale) di dimensioni più o meno simili, e da un lobo centrale più piccolo, come avviene nei celacanti.
Tuttavia, si conosceva poco dell’anatomia della coda di questi pesci, poiché code intere non erano mai state studiate con attenzione. Recenti studi però hanno permesso di studiare nel dettaglio la coda di Sacabambaspis (l’avrete capito, il taxon più conosciuto tra gli arandaspidi), così che ora possiamo avere un’idea abbastanza precisa di come essa fosse.
Pradel et al., nel 2007,
ripreparando alcuni degli esemplari di questo taxon rinvenuti in
Bolivia, riuscirono a recuperare una coda quasi completa e a
studiarla in dettaglio. Da tale studi è emerso che la coda non è
dificerca ma ipocerca, come avviene ad esempio in altri ostracodermi non osteostraci. Una coda è ipocerca quando presenta la parte finale della notocorda ricurva posteroventralmente, quindi verso il basso.
Inoltre, il lobo
superiore e quello inferiore non sono di uguali dimensioni, ma quello
dorsale è più grande di quello ventrale, come avviene in altri "ostracodermi". Tuttavia, trattandosi di un singolo esemplare non conservato in maniera perfetta e visto che i limiti di entrambi i lobi non sono chiaramente distinguibili, è possibile che in realta i due lobi non siano così diversi in dimensioni. E' molto probabile però che tale coda fosse eterocerca ipocerca, come solitamente avviene nei taxa affini (heterostraci, thelodonti e anaspidi).
Interessante notare che, come ipotizzato da Pradel
et al.(2007) , il piccolo lobo ventrale della pinna caudale degli
arandaspidi potrebbe essere omologo alla pinna anale degli
gnathostomi, e quindi rappresentare uno degli stages evolutivi
dell’evoluzione della coda dei vertebrati.
Ricostruzione della coda di Sacabambaspis secondo Pradel et al., 2007 |
Piuttosto diffusi
nell’emisfero australe durante il periodo che va dalla metà dell'Ordoviciano inferiore (Floriano 480 milioni di anni fa) fino all'inizio dell'Ordoviciano superiore (Sandbiano, 455 milioni di anni fa), gli arandaspidi si estinsero probabilmente a causa dei cambiamenti climatici che interessarono il continente di Gondwana ( e in particolare i mari della piattaforma continentale) durante l'Ordovicano superiore (ad esempio, drastici cambi del chimismo delle acque e il passaggio da barriere coralline a dominanza di batteri a quelle a dominaza di metazoi). Nonostante il loro
aspetto bizzarro e alieno, essi rappresentarono un gruppo ben
adattato ai loro ambienti e con un mix di caratteristiche primitivi e
derivate, tale che la loro importanza nello studio della filogenesi
dei vertebrati è abbastanza rilevante.
E, nonostante siano poco
conosciuti al grande pubblico e spesso sottovalutati, spero di aver
dato a loro, qui, lo spazio che si meritano.
Ringrazio Philippe Janvier (Muséum National d'Histoire Naturelle, Paris) per avermi fornito alcune spiegazioni sull'anatomia di Sacabambaspis e per la nostra piacevole chiacchierata.
P.S. Nel prossimo post
vedremo i parenti più prossimi degli arandaspidi, i “nordici”
astraspidi.
BIBLIOGRAFIA:
P.L.Forey & P. Janvier, 2003
Agnathas and the origin of jawed vertebrate. Nature 361: 129 - 134
P. Y. Gagnier, 1993a
Sacabambaspis janvieri, Vertébré ordovicien de Bolivie. 1, Analyse morphologique. Ann. Paléontol. 79: 19–69
Sacabambaspis janvieri, Vertébré ordovicien de Bolivie. 1, Analyse morphologique. Ann. Paléontol. 79: 19–69
P. Y. Gagnier, 1993b
Sacabambaspis janvieri, Vertébré ordovicien de Bolivie. 2, Analyse phylogénétique. Ann. Paléontol. 79: 119–166.
R.W. Gess, M.I. Coates, B.S.Rubidge, 2007
A lamprey from Devonian of South Africa. Nature 443: 981 - 984
Sacabambaspis janvieri, Vertébré ordovicien de Bolivie. 2, Analyse phylogénétique. Ann. Paléontol. 79: 119–166.
R.W. Gess, M.I. Coates, B.S.Rubidge, 2007
A lamprey from Devonian of South Africa. Nature 443: 981 - 984
A.Pradel, I.J. Sansom, P.Y. Gagnier, R. Cespedes and P. Janvier, 2007
The tail of the Ordovician fish Sacabambaspis. Bio. Lett. 3: 73 - 76
I.J. Sansom, P. C. J. Donoghue & G. Albanesi, 2005
Histology and affinity of the earliest armoured vertebrate.Biol. Lett. 1: 446–449
Histology and affinity of the earliest armoured vertebrate.Biol. Lett. 1: 446–449
I. J. Sansom, C. G.
Miller, A. Heward, N. S. Davies, G. A.
Booth, R. A. Fortey, and F. Paris, 2009 Ordovician fish from the Arabian Peninsula. Palaeontology
52(2):337-342
S. Turner, C.J. Burrow, H.P. Shultze, A. Blieck, W.E. Reif, C.B. Rexroad, P. Bultynck &G.S. Nowlan, 2010
False teeth: conodont-vertebrate phylogenetic relationship revisited. Geodiversitas 32 (4): 545 - 594
S. Turner, C.J. Burrow, H.P. Shultze, A. Blieck, W.E. Reif, C.B. Rexroad, P. Bultynck &G.S. Nowlan, 2010
False teeth: conodont-vertebrate phylogenetic relationship revisited. Geodiversitas 32 (4): 545 - 594
Nessun commento:
Posta un commento