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Paleonews: il sesto senso dei vertebrati acquatici e il rostro dei pliosauri

L’impegnatissimo mese di maggio volge al termine. Dopo mille impegni, si è concluso con il Woodward Symposium, di cui vi avevo parlato, e un bel viaggio di tre giorni nel Lake District, area montuosa del nord dell’Inghilterra dal paesaggio affascinante, fatto di valli glaciali, laghi e fiumi, che si intrecciano tra rocce dal lontano passato geologico (le più antiche risalgono a circa 500 milioni di anni fa).
Ora posso finalmente tornare a scrivere, spero, al blog in maniera assidua.

Oggi voglio riprendere con un nuovo studio, fresco fresco, che si riallaccia a ciò di cui avevo parlato qualche settimana fa, ossia allo studio dei fossili e della loro anatomia interna attraverso nuovi mezzi tecnologici come le scansioni ai raggi X e i programmi di ricostruzione 3D.
Esso riguarda il sistema neurovascolare del rostro (parte anteriore del cranio, di norma dagli occhi fino alla fine del muso, compresa la mascella) di un pliosauro del giurassico superiore (Kimmeridgiano, circa 170 milioni di anni fa) inglese.
Lo studio è stato presentato da Foffa et al. sulla rivista Naturwissenschaften il 23 di questo mese.
I pliosauri sono un gruppo di rettili molto ben adattati alla vita acquatica, caratterizzato da pinne modificate a forma di pagaia, quelle posteriori più sviluppate delle anteriori, una coda corda, un collo relativamente corto e un cranio massiccio con una dentatura ben sviluppata. Essi vissero da circa il Giurassico inferiore fino alla fine del Mesozoico. Dal punto di vista filogentico, i pliosauri rientrano del clade Lepidosaurmorpha (insieme dunque a lucertole, camaleonti, serpenti, etc..) e fanno parte del plesiosauri insieme ai plesiosauroidi (i plesiosauri sensu strictu), da cui si distinguono principalmente per il collo più corto e un cranio più robusto e largo.
Benché siano un gruppo ben studiato dal punto di vista della morfologia esterna, anche “grazie” alla presenza di alcuni taxa di notevoli dimensioni (alcuni, come Kronosaurus, potevano raggiungere i 10 metri di lunghezza) che hanno reso questi animali famosi anche al grande pubblico, alcuni aspetti dell' ecologia e del comportamento dei pliosauri sono ancora oscuri. Uno dei maggiori interrogativi riguarda senza dubbio le modalità di localizzazione delle prede che questi efficienti predatori marini potevano utilizzare.

Scheletro di Kronosaurus. Da www.oceansofkansas.com

Piccolo Atlante di Anatomia di Gnathostomata: i nervi cranici

Dopo un’assenza forzata di due settimane (scusate ma ho avuto degli impegni che mi hanno costretto a mettere il blog in secondo piano) riprende la nostra rubrica del Piccolo Atlante di Anatomia di Gnathostomata.
Oggi andremo ad analizzare una parte anatomica di cui si sente parlare poco nel mondo paleontologico, ma che in alcuni casi può risultare importante nello studio dell’evoluzione e delle relazioni filogenetiche di alcuni gruppi, come ad esempio gli stem gnatostomi.
Il post di oggi è dedicato ai nervi cranici, una parte del sistema nervoso periferico strettamente legata al cervello e alla trasmissione degli stimoli verso le varie parti del corpo, così come la ricezione di messaggi da parte di quest’ultimo. 

Per prima cosa, è bene capire come è possibile studiare i nervi cranici in animali estinti.
Essi infatti, essendo tessuti molli, sono molto sensibili al processo di decomposizione e la loro preservazione allo stato fossile e al limite dell'imposibile. 
Tuttavia, durante il loro corso essi passano attraverso le ossa del cranio lasciando dei canali nelle ossa e/o uscendo da esso lasciando delle cavità (foramina).
Grazie a questo, avendo a disposizione dei crani conservati in tre dimensioni con ottime condizioni di fossilizzazione e utilizzando le tecniche che abbiamo visto nel post dedicato allo studio paleoneurologico, oggi è possibile analizzare la posizione e il passaggio dei nervi all’interno del neurocranio di diversi vertebrati fossili, stem gnatostomi compresi.
Esistono poi della area del cranio, come la cavità oculare e otica, che possono essere usate come guida per individuare alcuni nervi cranici.
Ad esempio, il nervo ottico (II), oculomotore (III) e trocleare (IV) passano attraverso l’orbita lasciando delle cavità. Nell’orecchio, il nervo acustico (VIII) entra nella cavità del labirinto, con i nervi trigemino (V), adbucente (VI) e facciale (VII) che passano davanti ad esso, e i nervi glossofaringeo (IX) e vago (X) passano sotto o dietro ad esso. Individuando quindi nel fossile queste aree del neurocranio, se esso ben conservato, è possibile riuscire a ricavare la posizione (e se si è molto fortunati il loro corso) di vari nervi cranici.

Regione optica del neurocranio di Cobelodus con in evidenza alcuni dei nervi cranici associati all'orbita (Modificata da Maisey 2007)

Bisogna però fare attenzione: lo studio dei nervi cranici nei vari gruppi di animali può essere preso come esempio di come a volte non è possibile utilizzare l’anatomia comparata in maniera indiscriminata per ricostruire l’anatomia interna degli animali del passato.
Se infatti, come abbiamo visto in precedenza, il cervello mantiene una sua morfologia più o meno costante, con le cinque divisioni sempre nello stesso ordine, in tutti i vertebrati, dalle missine all’uomo, i nervi cranici invece differiscono in posizione e numero a seconda dei vari gruppi.
Una prima importante distinzione risiede nel numero di nervi cranici: gli amnioti, uomo compreso, ne presentano ben tredici, mentre tutti i vertebrati non tetrapodi e gli anfibi ne possiedono undici.
Negli amnioti infatti sono presi due paia di nervi addizionali, il nervo IX (nervo accessorio) e il nervo XII (nervo ipoglosso), originati dai primi due paia di nervi spinali.
Mi è capitato recentemente di parlare di nervi cranici con un medico e non riuscire bene a comprenderci date le notevoli differenze tra il sistema nervoso delle lamprede e quello dell’uomo.
Altre importanti differenze risiedono nel percorso di alcuni nervi cranici, ad esempio se un particolare nervo esce nella parte anteriore o posteriore dell’orbita. Queste differenze, seppur possano sembrare marginali, a volte sono fondamentali dal punto di vista anatomico e filogenetico.
In questo post ci concentreremo sui nervi cranici dei vertebrati non amnioti e vedremo alcuni esempi di come possiamo utilizzare i dati forniti dal loro studio per affinare le nostre conoscienze delle prime fasi dell'evoluzione dei vertebrati.